ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Lo sanno anche i bambini: prevenire è meglio che curare. Non solo per questo è da apprezzare il programma “Terra ferma” con il quale Matteo Renzi ha annunciato lo sblocco di 1,7 miliardi di euro per la tutela del territorio e la lotta al dissesto idrogeologico. La procedura prevista consiste nella creazione di una “struttura di missione”, operativa dal 1° aprile, in grado di spendere risorse già stanziate, ma bloccate dai patti di stabilità interni: come ha specificato il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, con l’attribuzione di “poteri commissariali a sindaci e presidenti di Provincia” si può derogare ai patti di stabilità entro la fine del 2014.
Un’operazione virtuosa che immette nel circuito economico denari attualmente congelati, che crea occupazione, che mira a difendere il territorio, ma che ha due difetti fondamentali: la logica spot-emergenziale e l’interventismo a macchia di leopardo. Dopo anni di sfruttamento del suolo senza la minima considerazione dell’equilibrio dell’ecosistema – con cementificazioni selvagge e abusivismo diffuso – un decimo del territorio italiano ha un’elevata criticità idrogeologica e quasi 9 comuni su 10 sono classificati ad alto rischio.
Come se non bastasse, ogni anno queste calamità ci costano in media 2 miliardi e il 68% delle frane europee si verifica in Italia. Di fronte a questi dati, insomma, il criterio di intervento dovrebbe essere un grande piano strategico per il riassetto del territorio, in cui coinvolgere i privati con il project financing, ma soprattutto l’Europa, eventualmente con l’esclusione dai parametri Ue di investimenti che, oltre a salvare vite umane, patrimonio ambientale, centri abitati e zone industriali, sarebbero in grado di stimolare l’economia, creando lavoro e reddito diretto e indiretto (per esempio il turismo). Purtroppo, di questo necessario intervento se ne parla da tempo senza seguito, per cui è comunque da apprezzare il primo intervento strutturale annunciato dal governo Renzi.
Adesso però, invece di attendere inermi crolli e dissesti, perché non valutare la proposta di un’assicurazione obbligatoria sui rischi catastrofali per le case, che costerebbe ai proprietari in media 1 euro al metro quadro ma che permetterebbe un risparmio di 3,5 miliardi l’anno? Al riguardo ha spiegato bene la Consap – società controllata dal ministero dell’Economia che svolge,áin regime di concessione, servizi assicurativi pubblici volti alla copertura dei “rischi della collettività” – che tali polizze esistono in Francia, Stati Uniti, Giappone o Turchia e che, attraverso l’istituzione di un Fondo di garanzia sull’esempio di quello che affianca l’Rc auto, si risparmierebbe a regime almeno 1 miliardo all’anno e si escluderebbero ulteriori provvedimenti emergenziali di finanza straordinaria.
Invece di aspettare il diluvio e spendere mostruose quantità di denaro domani per salvare il salvabile, perché non aprire l’ombrello e chiedere agli italiani un impegno più piccolo, ma più ragionevole oggi? Pensiamoci. (Public Policy)
@ecisnetto