Tutti i nodi irrisolti del ddl Concorrenza: dalla moda ai taxi

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di Giuseppe Pastore

ROMA (Public Policy) – Il ddl Concorrenza è stato approvato in aula al Senato senza modifiche. I tempi della sessione di Bilancio non lo consentono e martedì le opposizioni in conferenza dei capigruppo si sono rifiutate di votare una deroga che, in base al regolamento di Palazzo Madama, avrebbe consentito di proseguire l’esame del provvedimento in commissione Industria nonostante l’avvio della sessione sulla Manovra.

Così, il testo approvato (con fiducia) in prima lettura dal Senato è identico a quello varato a inizio giugno dal Consiglio dei ministri con interventi in materia di servizi pubblici locali, di trasporto pubblico regionale, di trasferimento tecnologico alle filiere produttive nazionali e di accreditamento sanitario. Un testo complessivamente molto più leggero dei precedenti disegni di legge sul mercato e sulla concorrenza, anche perché quest’anno alcuni interventi che normalmente sarebbero finiti nel ddl sono stati distribuiti tra il disegno di legge sulle Pmi e quello sulle semplificazioni.

Nonostante questo, sono stati circa 450 gli emendamenti depositati in commissione Industria di cui 163 proposti dalla maggioranza. Indice del fatto che qualcosa da limare c’era e che i partiti avevano alcune richieste da soddisfare. Ma nessuno di questi confluirà nel provvedimento. Non c’è il tempo e non ci sarebbe stato neanche il modo di approvare modifiche in fretta e furia visto che alla sessione di Bilancio si somma la mancanza dei pareri del Governo.

MODA, SI CERCA UN NUOVO VEICOLO NORMATIVO PER LE NORME SULL’ULTRA FAST FASHION

Uno dei nodi irrisolti di questo ddl Concorrenza riguarda la moda e, in particolare, l’intervento annunciato dal ministro Urso sull’ultra fast fashion tramite un pacchetto di emendamenti che sarebbe dovuto arrivare dal Governo, ma di cui non c’è traccia nel fascicolo di proposte in commissione.

Tra le misure da inserire nel testo, “l’estensione del regime di responsabilità estesa del produttore (Epr) a chi, pur producendo fuori dall’Unione europea, vende in Italia prodotti tessili, affini o calzaturieri”, ha anticipato nei giorni scorsi il titolare del Mimit. L’obiettivo, ha evidenziato, è “contrastare l’invasione di articoli a basso costo e scarsa qualità, ripristinando condizioni di concorrenza leale, tutelando i consumatori e rafforzando la sostenibilità ambientale del settore”.

Adesso però si cerca di capire in quale provvedimento inserire queste norme che, avendo carattere ordinamentale, non potranno rientrare nella legge di Bilancio. Il nodo è all’ordine del giorno degli uffici legislativi del Mimit che già ieri, preso atto dell’assenza di spazi di manovra, si interrogavano sulla destinazione degli interventi voluti dal ministro Urso.

IL TENTATIVO DI REGOLAMENTARE LE TARIFFE DEI TAXI TRAMITE APP

Il breve e interrotto iter del ddl Concorrenza è stato anche caratterizzato da alcuni emendamenti oggetto di contestazioni. Fratelli d’Italia, ad esempio, aveva presentato una proposta per tentare di regolare il funzionamento delle tariffe per i taxi prenotati tramite piattaforme.

Una proposta poi ritirata dal primo firmatario, Marco Scurria, con l’obiettivo di “favorire una riflessione più ampia e condivisa sul tema all’interno della maggioranza e con tutte le parti interessate”, spiegava in una nota anticipando l’intenzione di riscrittura la norma.

Tanto che, il senatore aggiungeva: “Il confronto che si aprirà nelle prossime settimane sarà l’occasione per perfezionare la norma, mantenendone intatto lo spirito di innovazione e garantendo al tempo stesso un equilibrio tra la tutela dei lavoratori e i diritti dei cittadini”.

LA NORMA CHE CANCELAVA IL DIVIETO DI PUBBLICITÀ SESSISTE

Tra gli interventi più contestati, rientra certamente quello con cui Fratelli d’Italia chiedeva di cancellare dal Codice della strada il divieto di “qualsiasi forma di pubblicità” su strade e veicoli che riporti messaggi sessisti, violenti o con stereotipi di genere offensivi.

Per placare le polemiche ieri è persino stata presentata una nuova formulazione della proposta di modifica che si limitava a prevedere che “nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione, è vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità dal contenuto osceno o sessualmente esplicito, o che ponga in essere o inciti a commettere i reati” di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa “o altrí reati, o che coinvolga l’immagine sessuale di persone”.

Non è da escludere che l’attenuazione del divieto, così come il destino di altri emendamenti, sia stato un tentativo di portare le opposizioni a collaborare per provare a concludere l’esame del ddl Concorrenza, magari incassando il loro via libera in capigruppo sulla deroga necessaria per l’esame in sessione di Bilancio.

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@cg_pastore

(foto cc Palazzo Chigi)