Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – L’ottimo è nemico del fare e anche solo per questo è apprezzabile il tentativo di cambiare in profondità il sistema dei musei italiani, ingessato dalla burocrazia e paralizzato dall’ideologia della conservazione, messo in opera dal ministro Dario Franceschini, con lo scopo di restituirgli vitalità. Il decreto, infatti, stravolge completamente le regole: da un lato, in modo assai positivo e innovativo, i 20 musei più importanti d’Italia vengono dotati di una piena “autonomia speciale”.

Dall’altro, con alcune luci e molte ombre, per altri 400 musei statali le competenze di gestione e “valorizzazione” vengono separate da quelle di tutela, che rimangono in capo alle Soprintendenze. Così 20 luoghi tra i più belli al mondo saranno dotati di “speciale” autonomia scientifica, finanziaria, contabile e organizzativa. Soggetti come gli Uffizi, Paestum, la Reggia di Caserta o la Pinacoteca di Brera – oltre a Pompei e al Colosseo, già pertinenti a Soprintendenze speciali – potranno finalmente organizzare mostre, stipulare accordi, stabilire orari e prezzi dei biglietti in maniera del tutto libera e autonoma, dovendo far riferimento diretto solo ai vertici ministeriali.

In questo modo sarà possibile valutare il lavoro dei nuovi direttori, valutare efficienze e sprechi con semplicità, identificare chiaramente le responsabilità. Se questa novità rinnova completamente in modo positivo l’elite del nostro sistema museale, purtroppo per il resto dei siti “ordinari” la riforma lascia molti dubbi. Infatti, per quanto sia positivo che ai restanti 400 musei statali venga attribuita autonomia organizzativa (art.4), l’obbligo di dotarsi di uno Statuto (art.2) o la possibilità che la Direzione generale musei possa stringere accordi con i privati (art.5), la creazione di questo “sistema museale nazionale” non cancella il vizio di fondo del sistema: l’eccessiva frammentazione dei processi decisionali e l’assenza di una gerarchia di comando nella gestione dei beni culturali.

Una volta separati dalle Soprintendenze, i musei “normali” verranno gestiti dai “poli museali regionali”, un nuovo ed ennesimo soggetto competente a decidere, per esempio, quale debba essere la destinazione di reperti archeologici trovati in un determinato territorio. Eppure, i nostri musei non sono pieni di arte straniera o di opere importate da luoghi lontani, ma di oggetti che vengono dal nostro passato. Il pericolo è che con questa riforma questo prezioso legame venga spezzato. Franceschini si è mostrato coraggioso ad intervenire laddove tutti avevano annunciato e nessuno aveva agito. Lo incitiamo ad essere altrettanto coraggioso da concludere bene il lavoro. (Public Policy)

@ecisnetto