ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Non si tratta solo di stare sicuri oggi, ma di esserlo per il futuro. Come ha evidenziato nella sua relazione annuale il presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, sta cambiando il ruolo tradizionale delle assicurazioni, e nel nuovo scenario, in cui nascono enormi potenzialità e molteplici rischi, bisogna intervenire per tempo.
Il confine tra banche e assicurazioni sta sfumando, come ha spiegato Rossi, complice la perdita di redditività dei tradizionali investimenti assicurativi. Ciò apre nuovi spazi alle assicurazioni italiane che, se paragonate alle banche, sull’economia pesano il 30% in meno rispetto alla media dell’eurozona. Inoltre, la “fintech” (la tecnologia per la finanza, che va dagli smartphone, ai big data, fino al credito peer-to-peer) sta introducendo novità potenzialmente distruttrici per la tradizionale attività delle assicurazioni. Senza dimenticare che, per effetto della normativa Solvency II, è in corso una vera e propria rivoluzione regolamentare a livello europeo. Così, in un momento delicato come questo è necessario evidenziare tanto i lati positivi quanto quelli negativi, come ha giustamente fatto Rossi.
Sul fronte dell’Rc-auto sono stati fatti “progressi considerevoli”, grazie ad Archivio integrato antifrode, scatola nera, concorrenza tra compagnie (uno su sei l’ha cambiata nel 2014), trasparenza e semplificazione del rapporto con il cliente. Non è un caso che il rapporto tra sinistri e veicoli circolanti sia sceso dal 7,4% del 2011 al 6% del 2014 (le microlesioni addirittura del 17%) e il prezzo dell’Rc dell’8%. Se anche nel confronto internazionale le tariffe restano le più alte, per Rossi, con questi ritmi il divario con il resto d’Europa dovrebbe annullarsi entro il 2020. D’altra parte, però, molto resta da fare per i “danni” non automobilistici, dove gli italiani continuano ad assicurarsi meno della metà di francesi e tedeschi. Sul “preoccupante ritirarsi degli assicuratori nazionali dal segmento della responsabilità civile sanitaria (medical malpractice)”, un ambito con “forti rischi di rilevanza sociale”, Rossi ha annunciato l’avvio di un’indagine. Sul tema, comunque, ci sono già diverse valide proposte di riforma.
Lo stesso Parlamento sta lavorando per incentivare nuove forme di mediazione (finora positiva solo nel 9,4% dei casi), riformulando le consulenze tecniche d’ufficio e istituendo un apposito albo sia per i medici legali che per gli specialisti. Inoltre, ogni struttura sanitaria dovrebbe dotarsi di un risk manger e di un medico legale “di corsia”, che possa coadiuvare i sanitari nelle procedure amministrative. Sarebbe poi utile la creazione di un sistema “no fault” per le responsabilità di tipo oggettivo, (per esempio le infezioni nosocomiali), che rimarrebbero del tutto a carico dell’ente stesso. Di fronte alla complessità del lavoro e all’elevata specializzazione richiesta, poi, gli uffici legali delle asl dovrebbero essere accorpati quanto meno a livello provinciale. Infine, se nell’rc auto esiste la forma di indennizzo diretto, che snellisce i tribunali, aiuta i danneggiati e semplifica la vita alle compagnie, perché non replicarla anche per il settore della malpractice? (Public Policy)
@ecisnetto