Lo Spillo

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di Enrico Cisnetto

ROMA (Public Policy) – Riequilibrare il rapporto, per il bene di tutti. Accanto all’Agenzie delle entrate sarebbe necessario istituire un’analoga Agenzia delle uscite.

Insomma, stabilire sui soldi che escono dalle casse dello Stato un livello di trasparenza, controlli e sanzioni almeno equivalente a quello che oggi c’è sui contribuenti, altrimenti il rapporto resta impari e i cittadini diventano sudditi.

Non è un caso che lo Stato investa 2.9 miliardi contro l’evasione (escludendo dal calcolo Guardia di finanza e magistratura) e appena 300 milioni per sprechi e corruzione. E nemmeno che questi ultimi siano stimati intorno ai 60 miliardi, cioè circa la metà dell’evasione fiscale.

La proposta rilanciata dal viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti, non è nuova, visto che lui stesso la propose in un libro nel 2012 (“Un paese migliore”, Dalai Editore) e che fu poi raccolta da quattro senatori (Fistarol, Leddi, Rossi, Musso) che depositarono un disegno di legge delega, rimasto purtroppo lettera morta.

Eppure, come si è evoluta la burocrazia e la lotta all’evasione con l’Agenzia delle entrate, così l’Agenzia delle uscite potrebbe nascere da una riorganizzazione, a costo zero per lo Stato, della Corte dei conti e parte della Guardia di finanza. L’Agenzia potrebbe richiedere alle amministrazioni tutti i dati utili per il monitoraggio della spesa, istituire un’anagrafe delle uscite come quella tributaria, sanzionare e punire.

Così, consentirebbe di rendere meno estemporaneo e più efficace il lavoro di spending review fallito dai governi Monti, Letta e Renzi e dai numerosi commissari, che se anche individuano situazioni di danno erariale, non possono emettere alcun avviso nei confronti dei responsabili. Poi, diventerebbe permanente e non emergenziale.

Non solo: all’Agenzia delle uscite potrebbe essere organicamente collegata la Consip, che già ora svolge il lavoro di centralizzazione degli acquisti per conto delle pubbliche amministrazioni. Insomma, una rivoluzione per la nostra burocrazia, talvolta peggiore e più gravemente responsabile della classe politica e di governo.

E che occorra intervenire sulla spesa pubblica lo testimonia il balzo che essa ha fatto negli ultimi 12 anni: da 475 a 805 miliardi. Stesso periodo in cui la pressione fiscale è salita dal 38 al 44% del pil.

Non è abbastanza per decidere di intervenire in modo strutturale, visto che tra l’altro trattasi solo di spesa corrente e non per investimenti? (Public Policy)

@ecisnetto