di Enrico Cisnetto
ROMA (Public Policy) – Oltre alle contraddizioni di principio, vanno in onda anche quelle di dettaglio.
L’inserimento del canone Rai nella bolletta elettrica aveva posto problemi di carattere generale, perché contabilizza una tassa in una tariffa, obbliga i cittadini a finanziare una società per azioni che agisce nel mercato libero, carica su privati che operano nel settore dell’energia competenze improprie di riscossione fiscale, compensandoli però con 28 milioni in 2 anni.
Ora, aspettando la bolletta di luglio, dove nero su bianco ci saranno 60 euro in più per “utente”, tra le righe dell’autocertificazione che si potrà spedire dal 4 aprile, si leggono altri assurdi balzelli.
Infatti, nelle “istruzioni” per dichiarare su quale utenza elettrica caricare il canone, se non si possiede un televisore, se c’è già un altro familiare che paga o se due coniugi hanno residenze diverse, oltre ad un linguaggio incomprensibile, ci sono diverse contraddizioni.
Per esempio, o la dichiarazione si trasmette personalmente via web o tramite un “intermediario” (con ovvio sovraccarico di costi), oppure con “plico raccomandata senza busta”, ergo un foglio senza involucro. Insomma, la chiarezza non è in programma su questi canali.
Basta leggere certe regole del decalogo, per cui l’autocertificazione deve essere presentata per “la dichiarazione sostitutiva del venir meno dei presupposti di una dichiarazione sostitutiva precedentemente presentata. Tale dichiarazione deve essere tempestivamente effettuata qualora vengano meno i presupposti di una dichiarazione sostitutiva precedentemente resa”.
Chiamate un interprete per il governo della (ex) semplificazione. E non consola che la dichiarazione debba essere inviata ogni anno, mentre sarebbe più logico imporre una comunicazione solo qualora le cose cambino.
Così, chi fino a ieri pagava un canone per la sua casa principale, per non pagarne tanti altri dovrà inviare una comunicazione per ogni altra casa di proprietà, una per ciascuna dei luoghi di residenza dei suoi familiari, una per l’ufficio o anche per la stessa abitazione, se vi sono collegate più utenze.
E, in quest’ultimo caso, c’è il dilemma nel caso in cui l’utenza elettrica sia intestata al marito ma il canone è a nome della moglie: la Rai sostiene che non serve una dichiarazione, ma il numero di telefono creato apposta dice il contrario.
Insomma, è il caos. Tutto per risparmiare 13 euro l’anno, che serviranno a malapena per mandare almeno un paio di raccomandate. Senza contare, a parte il tempo perso, l’inferno di ricorsi, contro ricorsi, multe, sanzioni, spese postali e processuali che si abbatterà sulla Rai. E su tutti noi. (Public Policy)
@ecisnetto