Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Forse si può ancora “costruire” qualcosa. Il ddl Appalti, appena approvato alla Camera e a cui manca solo il via libera del Senato, tra le tante le novità introduce la semplificazione dell’attuale codice di 359 articoli, nuovi controlli e nuove regole di trasparenza, snellimento delle procedure, unificazione delle centrali di committenza, una piattaforma unica per la pubblicazione dei bandi e, soprattutto, istituisce il débat public e il criterio del miglior rapporto “qualità-prezzo” nell’assegnazione delle gare.

Misure ragionevoli che evidenziano, oltretutto, quanto sia interesse della maggioranza (del governo) superare la paralisi pluridecennale in tema di infrastrutture. Oltre ai 355 piccoli e medi progetti bloccati da veti, burocrazie e localismi (come dice l’ultimo rapporto Nimby), restano da tempo al palo anche alcuni grandi lavori che dovrebbero collegare l’Italia all’Europa.

Delrio lo ha dichiarato chiaramente: Tav, Brennero e Terzo Valico non possono essere messi in discussione. E ci sarebbero anche la Tap, il Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi, le esplorazioni petrolifere nell’Adriatico (che la Croazia già svolge), l’Alta Velocità Napoli-Bari.

Per il ministro delle Infrastrutture, Sblocca Italia e Legge Obiettivo “hanno tradito l’intenzione originaria”, perché non sono riusciti a lanciare un disegno nazionale, né a imprimere il necessario cambio di passo. E forse non ha torto se dal 2001 a oggi solo 7,7% delle opere è stato portato a termine, l’inefficienza logistica costa all’Italia 42 miliardi di euro all’anno di pil (Confcommercio) e solo il 6% delle merci viaggia su rotaia.

Per Delrio, come previsto dal nuovo Codice degli appalti, sarà fondamentale un’analisi di costi e benefici per valutare l’utilità delle opere, piccole o grandi che siano. Non ho nessuna preclusione ideologica per il faraonico Ponte sullo Stretto annunciato da Renzi, ma è evidente che in Italia finire innanzitutto quello che si è cominciato viene prima di ogni altra cosa.

Porti, aeroporti, strade, ferrovie ci sono, ma non sono interconnessi tra loro e non è un caso che mandare un container da Genova a Shangai costi quasi lo stesso che portarlo da Genova a Padova in treno. Come non è possibile le merci che arrivano a Gioia Tauro, hub del Mediterraneo, debbano poi arrivare in Europa passando alla gomma per la Salerno-Reggio Calabria.

Allora, più che progetti spot e a macchia di leopardo, serve una pianificazione pluriennale delle opere utili in grado di concretizzare un disegno strategico della mobilità e della logistica del Paese. Costruiamola. Anzi, a chi dovesse riuscirci sarebbe da costruire un monumento. Caro Delrio, ne approfitti. (Public Policy)

@ecisnetto