Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Va bene il decisionismo, ma qui si esagera.

Il governo ha formalmente avviato la privatizzazione del 40% di Ferrovie dello Stato entro il 2016: un’accelerazione che, oltre alle critiche di “svendita solo per fare cassa”, non scioglie fondamentali questioni di merito e, soprattutto, palesa pesanti (in)opportunità nel metodo in cui vengono contestualmente rimossi o nominati i vertici di un importante gruppo pubblico, per di più in fase di quotazione.

Anche se il governo ha annunciato che “la rete resterà pubblica”, non è ancora chiaro se e come saranno scorporati treni e infrastrutture. Oltre ad essere proprietaria delle reti, attualmente Rete ferroviaria italiana – che fa parte del Gruppo Fs – ne è anche gestore, responsabile degli investimenti, della manutenzione e garante della par condicio tra gli operatori.

Ora, nell’ipotesi di quotazione secca del 40% della holding, com’è ora strutturata, non ci sarebbe una reale divisione tra treni e binari, né verrebbe garantita la neutralità della rete. In caso di separazione e ritorno della proprietà al Tesoro, invece, bisognerebbe trovare dei sostituiti all’altezza per l’adempimento dei pesanti compiti. E ci vuole tempo, pazienza e competenze.

Ora, se anche in tutti gli altri Paesi europei investimenti e servizi sono garantiti attraverso l’integrazione tra infrastrutture e vettori, il governo può pure adottare un’altra strategia – spiegando però con chiarezza perché e quali vantaggi ne deriverebbero – ma certo non deve rimuovere d’imperio coloro che si oppongono.

Mentre si costruisce questo lungo, complicato e incerto percorso di privatizzazione, infatti, potrebbe saltare il management attuale nel giro di qualche giorno. Eppure, i risultati sono lì a testimoniare che non sarebbe una buona scelta.

Il preconsuntivo del 18 novembre stima al rialzo tutti i parametri di Fs, con l’utile in crescita del 60% (da 303 milioni del 2014 ai 500 di quest’anno), i ricavi che salgono di 110 milioni, gli investimenti da 4,3 a 5,3 miliardi, di 1700 unità le assunzioni.

Se in questi anni Fs ha lanciato il miglior servizio di alta velocità in Europa, è pur vero che siamo ancora indietro nel trasposto locale. Per attrarre investitori e pianificare investimenti, però, non serve il “falso” decisionismo, ma strategie chiare da elaborare con chi conosce nel dettaglio il complesso e articolato gruppo.

Infatti, nei processi di privatizzazione, di solito la dirigenza definisce nei dettagli le indicazioni dell’azionista e poi, una volta portato a termine il progetto, c’è eventualmente il ricambio del vertice.

Invece, sembra che il governo, prima ancora di capire i parametri della privatizzazione, spiani la strada ad un nuovo management. Di chiunque si tratti, anche se fosse ben conosciuto dagli inquilini di Palazzo Chigi, il metodo non va bene. D’accordo essere decisi, ma non è mica detto che qualunque decisione sia buona per il solo fatto di esserlo. (Public Policy)

@ecisnetto