ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Continuiamo a farci del male. La già di per sé dolorosa vicenda della centrale termoelettrica di Vado Ligure, chiusa dalla Procura di Savona, ora rischia di tramutarsi anche in farsa, soprattutto se di fronte alle ultime notizie la storia non dovesse cambiare.
Nel corso dell’ultima assemblea degli azionisti della società ex De Benedetti, infatti, è arrivato un salvifico accordo tra le banche per la ristrutturazione del debito della centrale ligure: 894 milioni, dei quali 294 milioni verranno convertiti in strumenti partecipativi, 250 trasformati in bond e altrettanti riscadenzati, mentre i soci – Gdf-Suez (50%), Sorgenia (39%), Iren (5,5%) e Hera (5,5%) – vareranno un aumento di capitale per i restanti 100 milioni che permetterà la sopravvivenza dei prossimi mesi. Segno che non tutto è perduto per la centrale messa sotto sequestro l’11 marzo scorso con l’accusa di “disastro ambientale” e “omicidio colposo”.
Una vicenda dai contorni drammatici, ma dal cuore di farsa autolesionista. La stessa Procura, infatti, specifica che le emissioni della Tirreno Power non hanno violato i limiti di legge e che non è “configurabile il reato di getto pericoloso di cose”. Inoltre, la perizia alla base del sequestro ipotizza che la centrale inquina sicuramente perché è in corso una “desertificazione lichenica”. E sostiene molte altre teorie, tutte smentite sia dall’indagine epidemiologica svolta nel 2008 dall’Istituto nazionale dei tumori, sia dai giudizi che l’Istituto per la ricerca sul cancro ha espresso su come è stata effettuata la perizia alla base del sequestro.
Le contestazioni possono perfino sembrare canzonatorie: a Savona si muore di più non per l’inquinamento, ma perché la provincia è la più vecchia d’Italia e un terzo degli abitanti è over 65; la metodologia usata dai periti della Procura è stata “superficiale”, i ricoveri ospedalieri sono stati contati male e i campioni scelti in modo casuale; non è stata presa in considerazione nessuna delle altre fonti inquinanti. E cosa dire del fatto che dopo la chiusura della centrale, l’inquinamento non è diminuito? Secondo Claudio Burlando, presidente della Regione, la Procura sarebbe in possesso di un altro studio dell’Istituto superiore di sanità che smentirebbe le tesi dell’accusa, che però intende mantenerlo segreto fino alla chiusura delle indagini.
Un modo, dice qualcuno, per far chiudere definitivamente i battenti alla centrale di Vado Ligure ben prima del processo di merito. Nel frattempo, però, siamo costretti a contare i danni dell’autolesionismo: gli indagati da 5 sono diventati 47, praticamente chiunque abbia provato ad evitare le chiusura della Tirreno Power; il settimo centro di generazione elettrica del Paese resta chiuso, perdendo 200 mila euro al giorno e lasciando a casa 600 dipendenti diretti e i 350 dello scalo portuale di Vado, dove non arriva più il carbone.
Gli stessi lavoratori, stoici, inventandosi una satirica prima pagina intitolata “La Procura indaga la Befana, responsabilità sulla Tirreno Power”, hanno tentato di prendere la vicenda dal lato della farsa. Certo, se l’accordo sul debito appena trovato dovesse però rivelarsi inutile, e la procura dovesse insistere, la farsa diventerebbe definitivamente tragedia. (Public Policy)
@ecisnetto