di Enzo Papi*
ROMA (Public Policy) – Con il loro incontro cordiale in Alaska Putin e Trump hanno definitivamente messo in soffitta l’ONU. Questo è il risultato storico di questo evento. L’ordine internazionale non è piu vincolato ai confini del 1947 ed è diventato legittimo ridiscuterlo direttamente tra chi ha la forza per metterlo in questione.
L’ONU, come lo fu la Società delle Nazioni, è nata per volontà dei vincitori e per dare stabilità e legittimità al nuovo ordine mondiale, frutto della loro vittoria. La crisi dell’ONU è iniziata ben presto, perché le due principali potenze del dopo guerra non hanno mai firmato una pace, essendo portatrici di fedi diverse, e si sono subito scontrate in guerre per procura (vedi Vietnam) o in operazioni di influenza economico-politica che hanno portato a cambi di alleanze, principalmente in Africa o America latina. Con la fine del Comunismo sovietico nel 1991 e con la Cina ancora ben lontana dal suo PIL attuale, l’ordine mondiale è diventato la “Pax americana”, che la finanza di Wall Street ha interpretato anche come la fine dei confronti di culture ed ha considerato indifferente costruire microchip o iPhone a Shanghai o a San Francisco, valutando nella scelta solo il ritorno economico.
La “fecondazione” tecnologica di un impero con cultura millenaria ha creato un nuovo ordine mondiale che non è più quello dei vincitori dell’ultima grande guerra. Oggi la “pax americana” deve fare i conti con il risorto grande “impero celeste” che dispone di alleanze militari (Russia) e commerciali ( Africa ed America latina) che stanno già minando l’impero del dollaro e spingono l’economia americana a difendersi con strumenti impropri ed inefficaci, vedi i dazi.
Questo è il quadro in cui va valutato l’incontro di Anchorage tra Trump e Putin, oggi alleato di Xi Jimping, e che l’America vuole riconquistare al suo dialogo. Se questo dovesse costare un pezzo di Ucraina, allora è pronta a far di necessità virtù. “Mosca val bene una messa”. Per gli interessi americani, nella visione di Donald Trump, le “province europee” risultano spendibili, almeno fino al punto da non mettere a rischio la loro economia, integrata con quella USA, e la dipendenza strategica da Washington.
Cedere due province ucraine all’autocrate di Mosca pare a Trump un costo accettabile. Non può essere così per gli europei che non dispongono (almeno ora) di capacità militari autonome in grado di contrastare Mosca. L’Europa non può accettare che si accantoni la legittimità dei confini sanciti dalla carta dell’ONU, perché non ha i mezzi per difenderli con le proprie forze. Questo la costringerà ad accettare un’accordo inaccettabile, imposto dagli interessi americani, con una lunga coda di tensioni tra europei e Russia, fatta di sanzioni da mantenere e petrolio e gas da ricomprare a buon prezzo, che certo non favorirà la sua necessaria unità. Il confine tra Comunismo e Democrazia che faceva dell’Europa una frontiera anche per gli USA oggi è diventato più semplicemente una frontiera tra un’Europa degli Stati, ricca e disarmata, e l’impero russo ben più povero e ben più armato.
La Nato in questo scenario è rimasta solo una sigla che impegna l’America solo nella misura in cui sono a rischio i suoi interessi, che pure restano importanti verso l’Europa, ma non più vitali. Più in generale sta venendo alla luce un tema che Berlusconi aveva già intravisto 30 anni fa. Quale ragione dare alla Nato dopo la caduta del muro di Berlino? Berlusconi proponeva di allargarla alla Russia del giovane Putin e di farne una specie di alleanza per la garanzia della stabilità dell’Europa e per questo ( e per suoi affari) organizzò soggiorni galanti, a villa Certosa, per il suo amico Putin. Progetto talmente lungimirante da doversi considerare irrealistico, come infatti è risultato.
Pietro il Grande ripenso’ la Russia con l’aiuto di ammiragli inglesi e tecnici olandesi. Caterina la grande era tedesca. La Russia ha un’anima europea ed un cuore asiatico, difficili da conciliare, ma tant’è con lei condividiamo 2000 km di confine e molti potenziali interessi ( in primis l’energia). La Russia è la nostra frontiera verso l’infinito mondo delle steppe. Dobbiamo farci i conti inevitabilmente. È un confinante temibile perché la sua cultura accetta l’arbitrio come prova della forza del Principe e le armi come condizione di sicurezza dei suoi domini. Con la Russia l’Europa dovrà convivere in qualche modo e lo potra fare in amicizia solo se saprà farlo da amico rispettababile, che per i russi significa temibile.
*Imprenditore, ed editore di Public Policy