di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Sta per arrivare settembre, dunque si avvicinano (soprattutto) le elezioni regionali e, anche se non manca poco al 2027, persino le elezioni politiche. Così Matteo Salvini torna a fare – non che abbia mai smesso – quello che gli viene meglio: l’agit prop. La discussione con il presidente francese Emmanuel Macron sull’eventuale invio di militari a vigilare sulla molto presunta tregua in Ucraina – una tregua che soprattutto non vuole Vladimir Putin – è funzionale al movimentismo del ministro dei Trasporti, che da tempo ambisce a fare il Giuseppe Conte della coalizione di destra-centro. Veste i pani del pacifista irenico, lui che di politicamente pacifico non ha molto. Sicché finisce che l’ormai noto “attaccati al tram” detto in dialetto milanese a Macron provochi la convocazione dell’ambasciatrice italiana Emanuela D’Alessandro. Una formalità, certo, ma significativa se coinvolge due Paesi europei alleati.
Al ministro dei Trasporti auto imprestatosi alla politica estera tuttavia sembra interessare poco. Tutto è d’altronde funzionale allo show, allo spettacolo; tutto rientra nello schema della polarizzazione dello scontro. Salvini dunque si presenta come l’elemento di rottura di un governo assai stabile, Giorgia Meloni come la garante dell’equilibrio. Finisce qui? Certo che no. Non si tratta semplicemente di una spartizione di ruoli, il poliziotto buono e quello cattivo. Meloni deve anche garantire per i suoi alleati nei rapporti con gli altri Paesi. Salvini non è soltanto un ministro, è a capo di un partito – da tempo in fase calante – che coltiva ottime amicizie con Marine Le Pen. Troppo semplicistico rubricare tutto a semplice battuta italiana e a reazione sproporzionata francese, come fa Salvini rivendicando il diritto a dire la propria.
Il problema è che il leader leghista in molte, troppe circostanze, fa emergere il proprio pensiero divergente sulla politica estera. Non è più quello che si metteva magliette filoputiniane e diceva di voler cedere due Mattarella in cambio di mezzo Putin, epperò rimane comunque un problema per l’Esecutivo italiano, visto che il vero ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è più volte costretto a intervenire per precisare che la politica degli affari esteri la stabiliscono lui e la presidente del Consiglio.
Dove dunque non può incidere formalmente o sostanzialmente, Salvini si trasforma in leader di partito che crea problemi. Se è vero infatti che le decisioni, sulla politica estera, le prendono altre, lui allora si può limitare a fare l’opinionista politico di peso senza rischiare conseguenze. Lo si vede anche in queste elezioni regionali. Basti vedere che cosa sta succedendo in Toscana – per precipitare in faccende molto più piccole di quelle trattate finora – dove Salvini, forse per provocazione, forse no, ha affidato la campagna elettorale leghista all’ex generale Roberto Vannacci, sfilandola a Susanna Ceccardi, europarlamentare e già candidata alle elezioni di cinque anni fa. Forse la Lega dà già per persa la Regione e quindi preferisce semmai utilizzare le elezioni regionali per regolare i conti al proprio interno, nella logica dello scambio: è assai più interessato, Salvini, a poter scegliere il candidato in Veneto, senza regalare la Regione a Fratelli d’Italia, e magari a liberarsi della lista civica di Luca Zaia, che rischierebbe solo di condizionare politicamente il prossimo consiglio regionale, vista la forza elettorale del presidente di Regione uscente.
La Toscana è dunque marginale nei piani leghisti. D’altronde la stagione del 2018 pare essere irripetibile per Salvini, anche in Toscana. Quindi meglio concentrarsi su altro, su altre Regioni. Meglio tenersi il Veneto. Anche perché in caso di sconfitta di un candidato targato Fratelli d’Italia, Salvini potrebbe agilmente dire: “Vedete, il problema non sono io”. Sono tattiche da agit-prop sui social, dove l’importante è generare traffico e dire al capo di una Repubblica alleata di attaccarsi al tram. Molti like, poco onore. Quanta pazienza avrà ancora la presidente del Consiglio? (Public Policy)
@davidallegranti
(foto cc Palazzo Chigi)