L’unico M5s possibile oggi è istituzionale. Ma l’antipolitica è viva

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Non è rimasto più niente del M5s sbarcato nel Palazzo al grido di onestà, onestà, onestà, quello che rivendicava diversità antropologica e superiorità morale rispetto ai partiti tradizionali. “La stragrande maggioranza è pronta ad affrontare la novità del due per mille”, ha detto Giuseppe Conte (nella foto) riunendo in assemblea congiunta deputati e senatori. “Questo di questa sera è un passaggio significativo, un passaggio che segna uno scarto rispetto al passato”. Alla fine, insomma, si torna sempre ai quattrini. Laddove si dimostra che persino i populisti a un certo punto capiscono che la democrazia ha un costo ed è giusto onorarlo. Di scarti, comunque, ce ne sono stati parecchi in questi anni. Il M5s che non voleva allearsi con il partito di Bibbiano e che diceva mai con la Lega oggi governa serenamente con il Pd e con Salvini. Non c’è tema sul quale l’irredentismo populista dei 5 stelle non sia stato rivisto nella lotta del potere per il potere.

“L’istituzionalizzazione non poteva essere evitata, ma colpisce la rapidità con cui tanti ‘uomini (e donne) nuovi’ portati dal M5s in Parlamento si sono affezionati ai privilegi della carica. La classica storia dell’incendiario che diventa pompiere”, ha spiegato una volta il politologo Marco Tarchi. Se la tua fortuna come attore politico dipende solo dalla tensione politico-sociale che riesci a instaurare e mantenere fuori dal Palazzo, allora non hai margini di crescita. È un problema che ha colpito anche Matteo Renzi una volta arrivato a Palazzo Chigi con i panni del rottamatore: una volta sparata la pallottola dell’outsider, non si può mantenere lo stesso schema. Altrimenti c’è la certezza – non il rischio – di essere travolti. I 5 stelle hanno tuttavia ottenuto risultati consistenti, da quando sono nati, come il taglio del numero dei parlamentari. Hanno contaminato il dibattito pubblico – con pauperismo e decrescita (in)felice – e conquistato città importanti come Roma e Torino, salvo perderle dopo cinque anni senza neanche arrivare al ballottaggio.

In questa nuova vita istituzionalizzata si presentano come alleati del Pd, con il partito di Enrico Letta che li vorrebbe saldamente tra i socialisti europei. Conte è stato appena nominato presidente del M5s ma già deve vedersela con Luigi Di Maio, il grillino più integrato del gruppo nel sistema che un tempo contestava. Gli apocalittici vivono in una dimensione minoritaria, stanno fuori dal Palazzo, come Alessandro Di Battista. Public Policy il professor Angelo Panebianco ha spiegato che la morte del populismo è fortemente esagerata e, in effetti, i vari Di Battista sono pronti a solleticare gli animi della ormai minoranza non istituzionalizzata. L’impressione però è che il grillismo non possa sopravvivere a se stesso, perché la tensione moralistica che lo ha sempre attraversato non è più in grado di reggere alle mollezze del Palazzo. Non è più tempo per l’anarchismo di popolo, l’unico M5s possibile oggi è quello istituzionale, ricondotto nell’alveo della rispettabilità sociale. Il ministro Di Maio lo ha capito perfettamente, tant’è che si è anche messo a pubblicare libri come il più tradizionale dei leader politici a caccia di consenso.

Questo non significa che non ci sia spazio per il populismo delle origini. L’antipolitica non è morta, forse ha solo bisogno di nuovi contenitori. È compressa dall’emergenza sanitaria e dalla presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi, ma lo stato di sospensione potrebbe finire dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e l’allentarsi dell’emergenza sanitaria. (Public Policy)

@davidallegranti