Manovra, in attesa dell’Europa la digital tax potrebbe slittare

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di Viola Contursi

ROMA (Public Policy) – Potrebbe slittare di un anno, da marzo 2021 a marzo 2022, l’entrata in vigore effettiva dei pagamenti della cosiddetta digital tax, introdotta in Italia, in anticipo sul resto d’Europa, dalla legge di Bilancio 2020. Lo si apprende da fonti governative.

La tassa, già prevista in Italia dal 2018 ma poi mai attuata, è una imposta sui servizi digitali (Dst) introdotta appunto dalla scorsa manovra finanziaria ed entrata in vigore il 1 gennaio 2020 per tassare i ricavi originati nel corso dell’anno dai servizi digitali resi agli utenti localizzati in Italia, identificati attraverso indirizzo Ip o sistema di geo-localizzazione. Si tratta di una tassa che vale circa 700 milioni di euro di introiti per le casse dello Stato.

Introiti ancora non effettivamente realizzati visto che la norma prevede i primi pagamenti per marzo 2021. E qui viene la questione, secondo quanto viene riferito. Perché le trattative sulla digital tax europea, che dovevano portare all’entrata in vigore della tassa comune (che avrebbe dunque dovuto superare quella nazionale) per l’inizio del 2021, sono ancora in corso e in ritardo, per cui si esclude che la tassa Ue possa entrare in vigore prima di metà 2021. E sulle trattative europee incombono anche le minacce di dazi da parte degli Stati Uniti.

Per questo, secondo quanto si apprende da fonti vicine al dossier, il Governo italiano (nella foto: il titolare del Mef Roberto Gualtieri) sta pensando di introdurre in manovra uno slittamento in avanti delle tempistiche di pagamento della digital tax, in attesa delle prossime elezioni statunitensi ma soprattutto in attesa che si componga l’accordo politico tra i Paesi dell’Unione, così che si realizzi una tassa sui big di internet a livello europeo e l’Italia possa allinearsi, senza andare avanti da sola. (Public Policy)

@VioC