di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – La legge di Bilancio ha appena iniziato il suo percorso in Parlamento e già sono numerose, e incisive, le richieste di modifica. La scadenza per presentare gli emendamenti alla Camera è l’11 novembre, ma intanto ne sono stati già depositati più di 3mila, – senza contare quello che accadrà con i sub, i riformulati, eccetera. Alla fine ne saranno esaminati, e votati, circa 700. Più o meno la consueta cifra storica. Anche il numero di richieste di modifica da parte della maggioranza è abbastanza tradizionale: circa 600 emendamenti su 3.000. Non aveva funzionato il diktat “zero emendamenti” lo scorso anno, non funziona oggi l’appello a limitare gli interventi. Quello che emerge è il grado di divergenza tra i partiti della coalizione a sostegno del Governo e come ognuno sembri marcare la propria identità: chi liberale, chi ‘sociale’, chi antistatalista.
Forza Italia ha annunciato di voler cambiare la web tax, perché colpisce le pmi e non tocca i colossi del web. Al partito dei Berlusconi non piace nemmeno che il Mef indichi i revisori dei conti nelle imprese che ricevono fondi pubblici, con una norma apostrofata come “sovietica”. La Lega pianta bandierine: sostegno alle Forze dell’Ordine, interventi sulle pensioni, estensione della flat tax per gli autonomi, cancellazione dell’incremento di tasse sulle criptovalute. E poi chiede la riduzione del canone Rai, una misura che fa infuriare Forza Italia, visto che quella misura danneggerebbe Mediaset (che, in concorrenza con la Rai, incasserebbe di meno dalla pubblicità). Solo apparentemente più parca Fratelli d’Italia, che non può smentire la sua leader, ma intanto invoca l’aumento delle risorse destinate alle famiglie e l’abbassamento dell’aliquota Irpef dal 35 al 33% per i redditi sotto i 50mila euro.
Vedremo se e come verrà trovata la quadra. Negli ultimi anni il Governo ha sempre definito l’ammontare delle risorse che il Parlamento può spartirsi in occasione della legge di Bilancio. Possibile che venga fatto anche quest’anno, tuttavia sembra che la questione sia più qualitativa che quantitativa. Siamo alla terza manovra della legislatura, oltre il giro di boa, ed è fisiologico che i partiti comincino ad alzare la voce, a rivendicare qualcosa di più, che cerchino di accontentare il loro elettorato. Tanto più che le richieste di intervento “esterne” sono molteplici, da Confindustria che spinge per il taglio dell’Ires, ai medici che chiedono un aumento del contratto, al mondo dell’edilizia che si lamenta della fine dei bonus. Possibile scontentare tutti?
Forse no. Soprattutto, nel consueto suk della sessione di bilancio questa volta potrebbero arrivare piccole indicazioni, modifiche minime, aggiustamenti da cacciavite – tanto più che i margini sono assai stretti – che potrebbero fornire qualche segnale per il futuro. Potrebbero insomma indicare il posizionamento dei tre partiti di maggioranza nella corsa alle prossime elezioni. Oppure, al contrario, la tagliola della fiducia potrebbe arrivare ben prima della consueta ultima lettura in aula, sia alla Camera che al Senato. E anche quella sarebbe un’indicazione. (Public Policy)
@m_pitta