di Carmelo Palma
ROMA (Public Policy) – La legge sul “reato universale” di maternità surrogata o gestazione per altri approvata dal Senato è qualcosa di sostanzialmente diverso da ciò che sia la maggioranza che l’opposizione hanno detto e fatto pensare che sia.
In primo luogo non istituisce un reato universale, che si qualifica come tale per il fatto di essere perseguibile e punibile nel territorio di uno Stato, anche se compiuto all’estero, a prescindere dalla nazionalità di chi ne è ritenuto responsabile. Il reato di tortura, come qualificato dalla Convenzione internazionale recepita dal nostro Paese, è un reato universale in Italia perché può essere contestato a chiunque – cittadino italiano o straniero – e ovunque sia stato compiuto.
La legge approvata semplicemente estende la punibilità prevista dall’articolo 12, comma 6 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, “con riferimento alla surrogazione di maternità”, anche “se i fatti… sono commessi all’estero”. Dunque riguarda esclusivamente i cittadini italiani.
In secondo luogo non è vero che la legge approvata garantisce una procedibilità oggi impedita dalla legge penale, perché, come ha riconosciuto la Cassazione in due diverse sentenze proprio in materia di maternità surrogata (per approfondimenti, Gian Luigi Gatta, 2023), potrebbe comunque trovare applicazione l’articolo 9, comma 2 del codice penale, laddove prevede che i delitti commessi dal cittadino all’estero, puniti con pena della reclusione inferiore nel minimo a tre anni (come nel caso della surrogazione di maternità) siano punibili a richiesta del ministro della Giustizia.
In queste sentenze e – ripetiamo – proprio in riferimento alla maternità surrogata la Cassazione ha ritenuto che la doppia incriminazione, cioè che la condotta delittuosa sia considerata reato sia in Italia, sia dove ha avuto luogo, non rappresenti un requisito per l’applicabilità della legge penale italiana all’italiano che commetta detto reato fuori dal territorio nazionale. Quindi, a rigor di logica, e in punto di diritto, la legge approvata semplicemente permette di procedere per il reato previsto dalla legge 40 commesso all’estero senza bisogno della richiesta del ministro della Giustizia. Serve, né più né meno, a sollevare il ministro Nordio dall’onore politico legato a questa scelta e alla responsabilità di forzare il principio della doppia incriminabilità della condotta – che qualifica i rapporti tra la giurisdizione dei paesi liberali e degli stati di diritto – solo in casi di significativa rilevanza.
Nel giustificare l’importanza e la necessità di questa legge il senatore di Forza Italia Zanettin ha fatto riferimento all’ipotesi prevista dall’articolo 604 del codice penale, per il quale reati come il rapporto sessuale con un minore di anni 14 (art. 609 quater, comma 1, n. 1, c.p.) sono contestabili a un italiano anche se compiuti in Paesi in cui l’età del consenso è posta al di sotto dei quattordici anni.
Ma è davvero razionale un parallelo della maternità surrogata con questo reato come con tutti quelli che l’articolo 604 del codice penale rende comunque perseguibili, quali la riduzione o mantenimento in schiavitù, la tratta di persone, il traffico di organi, l’acquisto e l’alienazione di schiavi? Non lo è per una ragione di cui proprio i minimi e massimi edittali delle rispettive pene sono manifestazione eloquente. La legge italiana non considerava prima di ieri, né considera oggi la maternità surrogata un reato particolarmente grave, infatti lo punisce con la reclusione da sei mesi a due anni. E non lo considera particolarmente grave per la stessa ragione per cui, al di là delle dichiarazioni, non ha potuto qualificarlo come un reato universale: perché non corrisponde a una pratica sottoposta a una generale riprovazione, né nei paesi come il nostro, dove pure è illegale, né in altri, dove è legale o non regolamentata.
Malgrado nelle dichiarazioni e negli interventi parlamentari i politici di maggioranza abbiano denunciato la natura mostruosamente criminale di questa forma atipica di tratta di esseri umani – anche questo è stato detto – è evidente che nessuno di loro crede fino in fondo a questa retorica, se tributano tutti a Elon Musk tributi di amicizia e di benvenuto che difficilmente riserverebbero a un trafficante di schiavi o a un violentatore di bambini. Peraltro, proprio a proposito dei diritti dei bambini, la nuova legge sembra un corollario del mancato recepimento di una sollecitazione della Corte costituzionale, che con la sentenza n. 33 del 2021 ha ammonito il legislatore che l’attuale quadro normativo non assicura piena tutela agli interessi del bambino nato con la maternità surrogata e che l’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44 della legge n. 184 del 1983, costituisce una forma di tutela non del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali. La nuova legge tutela i diritti del bambino nato con la maternità surrogata rovinandone economicamente la famiglia, con una multa da 600.000 a un milione di euro. Curiosa forma di attenzione al suo benessere.
La gogna criminale per i genitori intenzionali e lo stigma sociale per i “figli del reato”, previsti dalla legge 40, nella vecchia e nella nuova formulazione, non assolvono affatto a una funzione di prevenzione generale e di tutela del bene giuridico della salute psichica e fisica della madre surrogata e dei bambini così generati, ma all’affermazione di un disvalore civile e di un crisma identitario, secondo lo schema classico del populismo penale, o, per dirla in altri termini, del diritto penale surrogatorio o sussidiario della demagogia politica. D’altra parte, rispetto al reato commesso all’estero, sarà praticamente impossibile provarlo, visto che sarà assai agevole presentare i figli generati con la maternità surrogata come figli semplicemente non riconosciuti dalla madre naturale.
L’opposizione a questa legge lascia ovviamente impregiudicato non solo il giudizio, ma anche la qualificazione giuridica della gestazione per altri, che probabilmente non aveva bisogno di diventare un reato, né per i committenti, né per gli intermediari, né per i medici e gli altri professionisti coinvolti, per essere disincentivata come scelta e arginata come fenomeno. Questo, almeno, se si parla della maternità surrogata col ricorso alla fecondazione assistita, dove sarebbero plausibilmente sufficienti sanzioni amministrative e interdittive per i centri coinvolti per disincentivare quasi completamente questa pratica.
La maternità surrogata è legale in pochi Paesi europei, quasi esclusivamente in forma altruistica e non commerciale, cioè senza alcun compenso per la donna gestante. Sappiamo però che la gran parte delle gestazioni altruistiche nascondono transazioni economiche non dichiarate, ma rimane il fatto, storicamente indiscutibile, che nel continente in cui più e meglio sono riconosciuti e garantiti sia i diritti dei bambini che delle donne, la surrogazione di maternità è per lo più considerata lesiva dei diritti di entrambi, a prescindere dalla sua qualificazione penale. (Public Policy)
@carmelopalma