di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – C’è del metodo nel lavoro di Giorgia Meloni, la futura presidente del Consiglio, il cui percorso per Palazzo Chigi appare assai accidentato. La leader di Fratelli d’Italia ha accolto lunedì pomeriggio Silvio Berlusconi in via della Scrofa, storica sede della destra italiana, dopo una settimana vissuta pericolosamente. Là dove un tempo al numero civico 39 c’erano gli uffici del Movimento sociale italiano, inaugurati da Giorgio Almirante, oggi ci sono le insegne di Fratelli d’Italia.
Per Berlusconi è un ritorno a Canossa, dopo l’elezione di Ignazio La Russa senza i voti di Forza Italia e lo scambio di cortesie fra alleati della maggioranza (lui ha definito – smentendolo successivamente – Meloni ‘prepotente, arrogante e supponente’, lei ha replicato di non essere ‘ricattabile’).
Il capo di Forza Italia non riesce ad accettare la leadership di Meloni, perché è abituato a comandare. Ma adesso è Meloni a voler governare e comandare. La leader di Fratelli d’Italia è ferma sulle sue posizioni, a partire dalla composizione del Governo. Niente ministero dell’Interno per il segretario della Lega, costretto forse a ripiegare sulle Infrastrutture, niente ministero per Licia Ronzulli, costretta a fare la capogruppo di Forza Italia al Senato (eletta per acclamazione, va da sé).
Berlusconi vuole il ministero della Giustizia per sé e schiera Elisabetta Casellati (ieri dava per fatta la nomina, si è pure concesso un elenco ministeriale a favore di telecamere), ma Meloni insiste sull’ex magistrato Carlo Nordio, eletto con Fratelli d’Italia. Già cancellata la photo opportunity di lunedì in via della Scrofa, le incomprensioni restano e non sono poche. Anche perché è vero che la politica, per dirla con Rino Formica, è sangue e merda, ma forse fra alleati che hanno appena vinto le elezioni il clima potrebbe essere più sereno. Sembra di essere tornati ai tempi dell’Unione di centrosinistra.
@davidallegranti
(foto Daniela Sala / Public Policy)
