Migranti, materie prime, appalti: i ‘nuovi’ rischi per Draghi

0

di Lorenzo Castellani

ROMA (Public Policy) – Il cammino del Governo Draghi appare più liscio nelle ultime settimane. La campagne di vaccinazione oramai a pieno regime ed un piano per riaperture progressive lasciano meno argomenti per collidere ai vari partiti della coalizione. Di recente, però, uno dei temi più caldi della politica degli ultimi anni si è affacciato alla finestra di Draghi: l’immigrazione. Con il migliorare delle condizioni climatiche, già diversi migliaia di migranti sono sbarcati sulle coste italiane. Matteo Salvini ha subito preteso un incontro con il primo ministro sul tema, mentre il segretario del Pd Enrico Letta, che ha recentemente incontrato i rappresentanti della ong Open Arms, ha ribadito la posizione a favore dell’accoglienza.

Cosa succederà qualora gli sbarchi dovessero aumentare con l’arrivo dell’estate? Sappiamo quali sono le posizioni della sinistra: porti aperti, accoglienza per tutti e ripartizione delle responsabilità tra alleati europei. Conosciamo allo stesso modo le posizioni della Lega: linea dura sugli sbarchi, rimpatri e scarsa fiducia in una soluzione europea. Una proposta che non potrà essere troppo ammorbidita da Salvini per il pressing, esterno alla maggioranza, di Fratelli d’Italia che oramai nei sondaggi gravità intorno al 19%. Meno nota è invece la posizione di Draghi che dovrà mediare con realismo tra le due posizioni su un tema che al centro della polarizzazione politica.

La soluzione più che dalla politica interna potrebbe arrivare dalla politica estera: sia irrobustendo sul piano finanziario le risorse per la missione libica in Italia sia cercando una mediazione diplomatica con la Turchia di Erdogan, attore molto influente nella regolazione dei flussi. Come si è visto il ruolo di filtro sulle partenze dei migranti delle istituzioni libiche è consistente ma non impenetrabile. Non è in grado di impedire probabilmente che entro qualche mese possano sbarcare diverse decine di migliaia di persone sul suolo europeo. Il cui primo porto di approdo resta sempre l’Italia, con tutti i problemi annessi alla gestione dell’arrivo dei migranti.

L’immigrazione è un problema politico perché può essere il detonatore di molti altri. Il primo è quello della rabbia sociale. Con una economia contratta e la disoccupazione in aumento una nuova ondata di sbarchi potrebbe suscitare l’ira di una società già esasperata da lockdown ed incertezze economiche. Esiste poi una preoccupazione relativa alla sicurezza pubblica. Se al declino economico si sommasse il degrado, derivante dalle difficoltà di integrare i nuovi arrivati in una società oggi meno dinamica che mai, lo scenario potrebbe assumere delle tinte fosche. Da ultimo vi sono i riflessi politici con l’aumento della conflittualità tra partiti sia dentro la maggioranza che una più forte tensione con gli altri paesi d’Europa, dove i migranti non sbarcano ma dovrebbero essere trasferiti.

L’altro punto di discussione politica resta l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Il Partito democratico e la Lega continuano ad essere i partiti più inquieti su questo tema. Il Pd ha più volte avanzato l’idea di una rielezione di Mattarella, al fine di lasciar governare Draghi fino al 2023. Dall’altra parte, Matteo Salvini ha invece dichiarato esplicitamente di voler puntare proprio su Draghi come presidente della Repubblica. Le strategie sono chiare: il centrosinistra ha molti pretendenti al posto di capo dello Stato, ma Mattarella è l’unico nome che permetterebbe un accordo tra le varie componenti senza attriti e tradimenti. Inoltre, la permanenza di Mattarella al Quirinale potrebbe assicurare maggiormente il voto alla scadenza naturale della legislatura. Gli equilibri rimarrebbero immutati ed il centrosinistra avrebbe più tempo per recuperare lo svantaggio sulla destra.

Al contrario, Salvini vuole capitalizzare il vantaggio, eleggere Draghi come capo dello Stato e tornare alle urne nel 2022. Forza Italia e Lega scontano anche l’incapacità di avere un proprio candidato forte come presidente della Repubblica e quindi puntano sull’attuale presidente del Consiglio, che è sostenuto da una grande coalizione. Persino Giorgia Meloni, leader del solo partito di opposizione, non ha chiuso la porta a Draghi come capo dello Stato. D’altronde, Draghi potrebbe continuare ad esercitare il proprio ruolo di garanzia anche come presidente della Repubblica, soprattutto sul piano dei rapporti internazionali. Tuttavia, tanto Mattarella quanto Draghi si sono trovati a dover smentire pubblicamente i leader dei partiti. Mattarella ha rimarcato l’indisponibilità ad un secondo mandato e Draghi ha sostenuto di non voler parlare della presidenza della Repubblica.

È ancora presto per affrontare il tema e nessuno vuole farsi chiamare in causa dalle forze politiche. Resta il punto che a causa delle divisioni tra Pd, 5 stelle e Renzi da un lato e la scarsità di candidati a destra sia Mattarella che Draghi restano due validi candidati. Draghi ancora di più poiché potrebbe essere eletto dalla maggioranza con cui governa, mentre sarebbe difficile una rielezione di Mattarella con i voti della Lega. Potrebbe poi esserci la strada per un candidato di compromesso, centrista ed esperto, che possa mettere d’accordo tutti come l’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini. In ogni caso, non sarà facile continuare a governare con la stessa formula di oggi dopo l’ elezione. Se il prescelto fosse Draghi verrebbe meno il collante del governo, mentre se fosse una personalità più vicina alla sinistra ed eletta con una maggioranza diversa rispetto a quella che sostiene Draghi sarebbe difficile per Salvini rimanere al governo. Anche per questo motivo la convergenza su un personaggio di compromesso non è da escludersi.

Sul fronte delle nomine pubbliche, invece, Mario Draghi continua a perseguire la propria agenda marginalizzando i partiti. Nelle ultime settimane ha sostituito il direttore dell’intelligence, nominando Elisabetta Belloni, già segretario generale del ministero degli Esteri, al posto di Giovanni Vecchione, che era stato scelto da Giuseppe Conte. La rapidità di azione di Draghi sul piano delle nomine pubbliche mostra la sua capacità di governo. Il presidente del Consiglio sa che la debolezza del sistema risiede nei partiti e cerca di riequilibrare le difficoltà parlamentari nel mettere uomini di sua fiducia nei posti chiave dell’amministrazione pubblica. È già successo negli scorsi mesi con la direzione della campagna vaccinale, la protezione civile, i commissari delle aziende pubbliche e ora con l’intelligence. Un segno di come Draghi intenda dare discontinuità ed innovazione rispetto ai precedenti governi e della sua fiducia, inusuale per la politica italiana, nei confronti dei civil servants.

RISCHI

A) Il rialzo delle materie prime. Da diversi mesi i prezzi delle materie prime si sono impennati. Un problema per una economia di trasformazione come quella italiana, dove le imprese stanno ancora scontando la flessione dovuta alla pandemia. Il rialzo dell’inflazione come conseguenza di questo aumento dei prezzi è un rischio sopratutto per i salari medio-bassi. Il cammino della ripresa economica potrebbe complicarsi per fattori esterni. La politica italiana, però, non sembra ancora abbastanza consapevole della serietà del problema. Servirebbe esserlo per perseguire una politica commerciale differente, che favorisca l’import di materie prime e disincentivi l’export, a livello europeo.

B) La riforma degli appalti. Le bozze dei decreti governativi segnalano la volontà di semplificare il Codice degli Appalti, applicando ove possibile direttamente le direttive europee in materia. Il centrosinistra si oppone alla misura, obiettando che si potrebbero creare rischi per la tutela del patrimonio artistico e aprire degli spazi favorevoli alla corruzione. Tuttavia, la semplificazione degli appalti pubblici è fondamentale per attuare le riforme del Recovery Fund e per spendere i fondi europei in tempi certi. I veti dei partiti rischiano di indebolire i cambiamenti introdotti da Draghi. (Public Policy)

@LorenzoCast89

(foto: cc Palazzo Chigi)