(Public Policy) – Roma, 5 feb – (di Sonia Ricci) La vicenda
Mps è ormai un caso giudiziario, con la procura di Siena
impegnata a ricostruire gli eventi che, negli ultimi anni,
hanno portato l’istituto vicino al dissesto finanziario. Si
indaga a partire dall’acquisizione di Antonveneta dal
Santander nel 2007, operazione costata al Monte Paschi circa
10 miliardi, a fronte dei soli 6,6 miliardi pagati
dall’istituto spagnolo per la stessa banca, pochi mesi prima.
E poi ci sono le manovre a base di derivati ad alto rischio
che, negli anni successivi, i manager di Mps hanno
intrapreso nel tentativo di coprire le perdite. Ma al di là
del lavoro degli inquirenti, le cronache legate alla banca
senese hanno riacceso il dibattito sul sistema bancario
italiano, sulle possibili interferenze della politica nella
sua governance, e sul ruolo delle fondazioni bancarie. In
gioco c’è anche la reputazione della Banca d’Italia, cui
spetta la vigilanza sulla solidità degli istituti, e su
operazioni come quelle intraprese da Mps.
Per Tito Boeri, professore di economia all’Università
Bocconi di Milano ed ex consulente del Fondo monetario
internazionale e della Banca mondiale, la vicenda Mps non è
dovuta alla mancanza di controlli. Quello di Mps è un caso
di cattiva gestione, con precise responsabilità del
management. Nodo di fondo, secondo l’economista, rimane però
la struttura proprietaria del sistema bancario e l’ingerenza
della politica nelle fondazioni.
D. LA VICENDA MPS PUÒ MINARE LA CREDIBILITÀ DELLA BANCA
D’ITALIA?
R. Non credo. Bankitalia si è accorta di alcune
irregolarità esaminando le carte che ha ricevuto dal Monte.
Non poteva essere a conoscenza di tutto, perché molte cose
sono state deliberatamente occultate dal management della
banca. Sul piano formale il comportamento di Bankitalia è
stato ineccepibile, ha utilizzato tutti i poteri che la
legislazione le assegna.
La sua ricostruzione (depositata martedì scorso in Parlamento; Ndr)
dimostra che ha operato con tempismo, ha monitorato costantemente
le attività e i conti del Monte Paschi intensificando i suoi
interventi mano a mano che la situazione diveniva più tesa.
Si potrebbe dire che data la gravità della situazione, si
potevano iniziare i controlli e convocare gli azionisti
prima di quando è stato fatto, però è bene ricordare che
Bankitalia non ha, tra i suoi poteri, quello di rimuovere i
vertici. Ripeto, sul piano dei controlli sono state seguite
tutte le procedure, i controlli sono stati serrati, quasi
giornalieri.
D. MA È POSSIBILE MASCHERARE I BILANCI PER OPERAZIONI COSÌ
IMPORTANTI?
R. Certamente è possibile occultare alcune operazioni. Nel
caso particolare di questi derivati c’erano degli aspetti
legati ai contratti sottoscritti con le banche. Di fronte ad
un occultamento di materiale il controllo con i mezzi
ordinari rischia di non poter far nulla. Se Banca d’Italia
disponesse del potere di rimuovere gli amministratori, come
dispongono le autorità di numerosi altri Paesi,
probabilmente avrebbe potuto agire ancora più
tempestivamente.
Problemi di controllo li vedo più da parte del ministero
del Tesoro, che è l’organismo preposto a vigilare sulle
fondazioni bancarie. Quando la fondazione Mps si è
indebitata per sottoscrivere l’aumento di capitale del Monte
Paschi, il Tesoro sarebbe dovuto intervenire, perché c’era
una chiara violazione della ‘natura’ della fondazione, che
deve operare senza fini di lucro. Bankitalia non ha alcuna
autorità sulle fondazioni bancarie, è il Tesoro che se ne
deve occupare.
D. PASSANDO ALLA CRONACA, GRILLI RELAZIONANDO SUL CASO MPS
HA RASSICURATO SULLA SOLIDITÀ DEL SISTEMA BANCARIO
ITALIANO. È D’ACCORDO?
R. In questo momento non c’è un problema di solidità del
sistema, ma ce n’è uno molto più serio che riguarda tutte le
fondazioni bancarie. Diverse di queste hanno sottoscritto
molti titoli azionari, nonostante versassero in condizioni
di grande fragilità. Queste fondazioni hanno concentrato
quasi tutti i loro investimenti sulle banche, e questo le ha
portate a bruciare gran parte dei loro patrimoni.
Ripeto, non penso che per le banche ci sia un problema di
stabilità legato alla vicenda Mps. La vicenda del Monte Paschi
mette a nudo un problema molto serio sul funzionamento delle
nostre banche. I problemi non sono dovuti a carenza di controlli,
ma alla governance del nostro sistema bancario. È un caso di cattiva
gestione, con precise responsabilità del management. Il nodo
resta la struttura proprietaria del sistema bancario. Nelle
nostre banche c’è un peso eccessivo della politica, che ne
condiziona moltissimo la gestione. Questo ha degli effetti
negativi anche sulla redditività degli istituti.
D. IN CHE MODO LA POLITICA E LE FONDAZIONI INFLUENZANO LE
BANCHE?
R. Nominano i vertici. Le fondazioni hanno un importante
potere di controllo sulle banche conferitarie. Nel caso del
Monte Paschi, la fondazione Mps deteneva il 51% delle
azioni, in altri casi hanno quote inferiori, ma si può
comunque controllare una banca anche con meno del 50%. Le
fondazioni nominano i vertici degli istituti di credito,
piazzando molti politici.
Questo è un problema molto serio che riduce
l’efficienza, la redditività e ha aspetti negativi anche
sulla nostra economia. Le banche dovrebbero
veicolare i risparmi delle famiglie verso investimenti e
progetti imprenditoriali che hanno possibilità di successo,
mentre, invece, grazie all’influenza della politica, hanno
finito per sostenere i soliti noti, grandi imprese, famiglie
cui concedono prestiti di estremo favore. In alcune
circostanze le banche sono state azioniste e prestatori di
queste imprese creando una situazione pericolosa, con una
concentrazione eccessiva di rischio in pochi soggetti.
D. LEI COSA SUGGERISCE DI FARE?
R. Spingo perché ci sia una fuoriuscita delle fondazioni
dal capitale degli istituti di credito. Questa deve essere
fatta imponendo limiti stringenti alla quota di azioni delle
banche detenute dalle fondazioni. In passato il legislatore
propose di fissare il limite al 30% ma arrivò subito
l’opposizione delle fondazioni. A mio giudizio bisogna
andare ben al di sotto del trenta, bisognerebbe arrivare
intorno al peso che normalmente la singola banca ha in un
portafoglio di mercato, dove si arriva non oltre il 2%.
Solo così si spezza il legame tra banche e fondazioni, così
quest’ultime possono concentrarsi sulle attività senza scopo
di lucro, nel sociale, nella cultura dove, in questo momento
di forte crisi economica c’è molto bisogno di investire.
Allo stesso tempo le banche sarebbero libere di concentrarsi
sulla loro funzione, che, invece, ha finalità di profitto.
Sarebbero libere dai condizionamenti della politica che oggi
le spingono ad aiutare il gruppo di potere locale. (Public
Policy)
SOR