Senza credibilità non ci si può definire “draghiani”

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – È partita la gara a chi è più draghiano, tra quelli che hanno sostenuto il presidente del Consiglio fino alla fine. C’è tuttavia un problema di credibilità, come sottolineato anche da Carlo Calenda in un’intervista a Huffington Post: “Pd, Sel, Art1 erano tutti in piazza a protestare contro il rigassificatore di Piombino mentre Draghi era ad Algeri a cercare il gas che ci serve per l’inverno. Il populismo non è solo nei 5S. E il Pd più che sbandierare l’agenda Draghi come un santino dovrà dire specificamente cosa vuole fare su energia, lavoro e concorrenza”. Non bastano insomma le parole, non basta dirsi draghiano per esserlo davvero. C’è bisogno di un minimo di omogeneità e di credibilità, contrariamente a quanto sostiene Bruno Tabacci su Avvenire, che lancia un’“Agenda Draghi” da Enrico Letta a Luigi Di Maio: “C’è spazio per una coalizione che faccia riferimento all’agenda e allo stile di governo di Draghi”, dice Tabacci. Impossibile che Draghi imiti Mario Monti e dia vita una sua lista, sarebbe un errore. Ma probabilmente è un errore anche pensare che possa nascere un cartello elettorale con Di Maio e Calenda nella stessa area politica.

Quanto al centrodestra, va registrato che ormai è in appalto a neopopulisti e sovranisti. Certo, vedere Forza Italia al rimorchio dell’ala dura del conservatorismo ci fa porre qualche domanda sulla tenuta dei berlusconiani alle prossime elezioni politiche. Forza Italia ha retto bene alla perdita di centralità politica, alle difficoltà di una leadership ormai consunta. Ma solo perché faceva parte di un governo come quello Draghi. Anche da quelle parti insomma ci potrebbe essere la tentazione di intestarsi una sorta di Agenda Draghi, tentazione che però arriverebbe proprio da una parte dei congiurati del draghicidio. C’è  un elettorato moderato in libera uscita, che non accetterà di morire salviniano o meloniano. C’è spazio per un centro politico, ma i suoi protagonisti devono poter esibire una patente di credibilità. Da Matteo Renzi a Carlo Calenda, che però hanno qualche problema di compatibilità reciproca. Come già segnalato da Public Policy nelle scorse settimane, sono troppi i galli nel pollaio. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)