ROMA (Public Policy) – Il decreto legislativo sugli stipendi dei manager delle ex municipalizzate, frutto della riforma Madia, attende il via libera di Regioni e Comuni. Il testo del decreto attuativo, previsto dalla riforma del 2016, oggi sarà esaminato dalla Conferenza unificata alle 15 come primo punto all’ordine del giorno.
Il provvedimento, prima di passare alle Camere, attende il via libera degli enti territoriali e non è escluso che l’intesa si raggiunga proprio giovedì. Quello in esame è un dlgs importante in quanto riguarda il ridimensionamento degli stipendi da corrispondere di coloro che compongono gli organi sociali, i dirigenti e i dipendenti delle società a controllo pubblico (quotate escluse), con la messa a punto di cinque fasce di reddito – a seconda della grandezza della società – per rivedere i compensi economici degli amministratori e consiglieri dei Cda.
LE SOCIETÀ
Nel decreto sono presenti tre tabelle. Una per suddividere le diverse società in base al valore della produzione, il totale dell’attivo patrimoniale e il numero dei dipendenti. Per essere in prima fascia, le aziende devono superare due dei tre parametri elencati: un volume di produzione sopra i 200 milioni di euro, un attivo di un miliardo e/o oltre mile dipendenti impiegati.
I CINQUE TETTI PER MANAGER
La seconda definisce i tetti massimi stipendiali per i vertici degli enti partecipati. Il tetto massimo per ogni amministratore unico, delegato o dirigente – come deciso durante il Governo Monti – rimane 240mila euro lordi all’anno (che rappresenta la quinta fascia, la più alta appunto). Gli altri quattro scaglioni a scendere sono così suddivisi: 216mila euro (il 90% del tetto massimo), 192mila (80%), 168mila (70%) e 120mila (50%).
PREMI
Per gli amministratori unici la parte variabile dello stipendio non sarà inferiore del 30%. In ogni caso, questa deve essere “commisurata” alle performance del manager e agli obiettivi che raggiunge nel suo ente. Sarà corrisposta solo “in presenza di un margine operativo lordo positivo”, quindi non ai ‘capi’ degli enti con i bilanci in rosso.
CDA E COLLEGI SINDACALI
Il decreto specifica anche altri limiti stipendiali – sempre suddivisi in cinque fasce – all’interno della società partecipata, ovvero per i membri del Cda e collegi sindacali. Lo stipendio per il presidente dell’organo di controllo andrà da 12mila a 30mila euro, quello del componente elettivo da 8mila a massimo 20mila, del presidente dell’organo amministrativo sale da 15mila a 35mila e, infine, il componente dell’organo amministrativo da 10mila a 23mila euro. (Public Policy) SOR