PRIMAVERE ARABE, GLI ESPERTI: L’OCCIDENTE GUARDA CON OCCHIO SUPERFICIALE

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(Public Policy) – Roma, 11 dic – L’Occidente vive di analisi
superficiali delle primavere arabe, confonde la società
tunisina con quella egiziana, ci sono differenze molto forti
all’interno dei diversi Paesi: concentrare l’attenzione
esclusivamente sui movimenti islamici è sbagliato, e quello
di cui ci accusano – le società civili arabe – è che questi
ultimi sono cresciuti, anche inconsciamente, grazie
all’Occidente.

Lo ha detto in commissione Esteri alla Camera
Isabella Camera d’Afflitto, docente di Lingua e letteratura
araba alla Sapienza di Roma, durante un’audizione insieme al
collega Ciro Sbailò, docente all’Università Kore di Enna.

CAMERA D’AFFLITTO: IGNORIAMO IL LAICISMO ARABO
“Esiste, nei Paesi arabi, una componente laica – ha detto
la professoressa – e ne siamo all’oscuro. Il laicismo non è
qualcosa di recente, se noi conoscessimo la storia di questi
Paesi dalla rinascita del mondo arabo a fine ‘800 sapremmo
che c’è stato un movimento laico a partire proprio da Egitto
ed Iraq. Continuano ad esserci società laiche che hanno
priorità differenti da quelle religiose, ma si continua a
ignorare questo mondo”.

“Un altro elemento da sottolineare è quello sul ruolo dei
cristiani. Qui le vediamo come minoranze che devono essere
protette dall’Occidente. In realtà sono minoranze che si
sono sempre alleate con il dittatore di turno, ovunque,
hanno avuto privilegi in campo economico e di diritti.

In Siria, ad esempio, se cade Assad questi cittadini temono di
perdere i privilegi” non la vita. La convivenza tra
cristiani e musulmani, ha poi aggiunto Camera d’Afflitto, “è
stata interrotta da elementi esterni sia in Iraq che in
Palestina, e sta succedendo oggi in Siria. E ancora, le
associazioni femminili: sono gruppi visti come fenomeni
strani dalle femministe occidentali, ma esistono dall’inizio
del ‘900”.

Infine, l’apporto della cultura alla politica: “Nei Paesi
arabi è qualcosa di molto forte. Due recenti ex ministri
marocchini (Cultura 2005 e 2010) sono oggi due importanti
romanzieri in tutto il mondo arabo, persone di cultura che
dedicano il loro tempo alla politica”.

SBAILÒ: IL PROBLEMA NON È LA SHARI’A
“La shari’a (la legge coranica; Ndr) nella Costituzione
egiziana c’è dal 1971, quando Sadat era presidente (oggi ci
sono molte polemiche a causa dei riferimenti alla shari’a
che i Fratelli musulmani vogliono inserire nella nuova Carta
egiziana post-Mubarak; Ndr). C’era in quel periodo una fase
complessa di riavvicinamento all’Occidente e la necessità di
riequilibrare a livello interno.

Nel mondo islamico c’è
ancora un conflitto tra la statalizzazione
dell’islamizzazione e la richiesta di maggiore democrazia
dal basso, con istanze di carattere religioso spesso molto
forti. Ma è difficile usare paradigmi euroamericani per
comprendere quelle realtà”.

“Quando in Egitto – ha detto poi il professore – hanno
adottato il modello di diritto commerciale inglese,
abbandonando i modelli francesi, in teoria questo doveva
servire a democratizzare le società, ma è stato solo lo
strumento per uno sviluppo enorme della corruzione politica.

La shari’a al vertice delle norme può essere addirittura un
elemento di de-secolarizzazione dello spazio pubblico (vedi
Sadat con i diritti per le donne): è paradossale, ma non
deve stupire, almeno per quanto riguarda l’Egitto. Non è la
shari’a in sè nella Costituzione che indica il carattere
integralista di una società. È infatti la Corte
costituzionale egiziana che decide alla fine, non la
moschea. La shari’a è in moltissime Costituzioni nel mondo
arabo islamico. Il problema non è inserire la shari’a nella
Costituzione, ma la titolarità del controllo delle norme
‘sharaitiche'”. (Public Policy)

GAV