di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Chi per un attimo, mercoledì mattina, ha pensato: oddio sono arrivati i cosacchi, ecco i loro cavalli abbeverarsi a San Pietro, si è dovuto presto ricredere: non erano cavalli del Don ma “agricoli italiani” e “tolfetani”, insieme ad asini, capre, pecore sarde e mucche marchigiane. Non erano lì per l’Angelus (in quel caso si ritrovano la domenica) ma portati dalla Coldiretti e dall’Associazione italiana allevatori – chissà se con i bus stile Primo maggio – per celebrare Sant’Antonio Abate, patrono degli animali.
Lodevole e santa iniziativa, dunque: non solo cani e gatti, ma anche gli animali della fattoria. Chissà se tra loro ci fosse anche, visto la sincera amicizia e vicinanza tra l’associazione guidata da Ettore Prandini e questo Governo, qualche esponente dell’Esecutivo, magari simpaticamente travestito per ottenere anch’egli – che male non fa – la tradizionale benedizione riservata ai nostri amici a quattro zampe.
Non è dato saperlo. Sicuramente non era presente il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi (FdI), che nelle stesse ore rispondeva così alle opposizioni in commissione sulla scelta del Governo – abbastanza improvvisa – di sostituire Marino Sinibaldi alla guida del Centro per il libro e la lettura: “Noi non vogliamo sostituire un’egemonia culturale con un’altra, ma liberare la cultura. Aprire le porte per fare entrare aria fresca in quei circoli chiusi ai quali, purtroppo, siamo stati abituati per tanti anni. Se questo non vi piace fatevene una ragione, perché è quello che intendiamo fare”. (Public Policy)
@VillaTelesio