di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Non si dica che il senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino, classe 1964, ligure, nato a Sanremo (e quindi di musica se ne intende), di professione avvocato, non stia facendo il suo dovere. Di fratellino e di senatore amante delle regole e della giustizia. Le sue parole, che avrete già letto e riletto, vittime di ingiuste ironie social, sono invece da incorniciare, perché sono la dimostrazione di come i nostri eletti – a differenza dei leoni da tastiera – riflettano prima di intervenire, studino prima di legiferare:
“I rave – spiega in aula Berrino – non si organizzano per semplice divertimento, non si organizzano per comunicare qualche cosa: ma sono il luogo in cui, senza alcuna norma e senza alcuna regola, i ragazzi ballano, ascoltano musica – è vero, e questa è la parte buona dei rave – ma si sballano e vivono al di fuori di ogni regola. Vi siete chiesti come mai nei rave esistono macchinari sonori da 150.000 a 200.000 euro e non si paga nulla per entrare? Vi siete chiesti come ragazzi e ragazze possano sopravvivere qualche giorno in una bolla in cui tutto è possibile? Voi, che spesso ci avete attaccati come coloro che favoriscono l’evasione, vi siete chiesti come mai nei rave non c’è un POS? Voi, che siete ossessionati dal POS, non vi siete chiesti come mai migliaia di persone mangiano, si divertono, ballano, bevono, si drogano – ma per quello neanche fuori dai rave c’è il POS – senza poter utilizzare un metodo di pagamento elettronico? Voi paladini del POS ve lo siete mai chiesto?”.
E che volete rispondere a Berrino? Grazie e no, senatore, non ce lo siamo mai chiesto.
Mentre a Palazzo Madama Berrino ci apriva gli occhi sui rave, a Montecitorio si discuteva di quel decreto (questo, per la precisione) che si occupa contemporaneamente di missioni Nato e del sistema sanitario calabrese. “Invitiamo il Governo a non rinnovare questa prassi, che mette insieme mele e carote” (Piero Fassino, Pd). “Un decreto che – lo ricordava poc’anzi il presidente Fassino – mette insieme le mele con le pere” (Vittoria Baldino, M5s); “I colleghi di maggioranza hanno spiegato il perché possa sembrare che questo decreto – come è – abbia unito pere e mele, ma non vi era altra possibilità dal punto di vista tecnico” (Roberto Bagnasco, Forza Italia).
Sarebbe scontato e banale concludere con ‘siamo alla frutta’, e difatti non lo farò; la domanda che invece sorge inevitabile è: a Fassino non piacciono le pere? (Public Policy)
@VillaTelesio