Ottantesimo suicidio in carcere: una carneficina che interessa a pochi

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – “È morto impiccato nella sua cella a Poggioreale (Napoli). Era in carcere da gennaio e da sette mesi era diventato padre di due gemelli. Quello di Francesco, 30 anni, è l’ottantesimo suicidio in carcere del 2022”, scrive Antigone su Twitter. Una carneficina che interessa a pochi, purtroppo. D’altronde è sempre stato in auge l’adagio “chiudiamoli dentro e buttiamo via la chiave”, in parte della pubblica opinione e della comunità politica.

Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale sta conducendo uno studio sui suicidi di persone ristrette negli istituti penitenziari italiani. Pochi giorni fa, prima dell’ottantesimo suicidio, sono stati resi noti i primi risultati. “Si pensi che dei 79 casi di suicidio registrati 33 riguardano persone riconosciute con fragilità personali o sociali (senza fissa dimora, persone con disagio psichico, ecc.)”, dice l’ufficio del Garante.

“In undici mesi, da gennaio a novembre del 2022, “si sono tolte la vita 79 persone, di cui 74 erano uomini e 5 donne. Se si prende in considerazione non solo lo stesso numero di mesi ma tutti i dodici mesi per ogni anno, si tratta del più alto di suicidi mai registrato negli ultimi dieci anni. Tale dato risulta ancora più allarmante se lo si rapporta al totale della popolazione detenuta nei diversi anni: infatti, nel 2022 si registra una popolazione detenuta media visibilmente inferiore a quella del 2012 – ben 11.687 persone detenute in meno – ma con 23 suicidi in più rispetto a quelli verificatisi in quell’anno.  Negli ultimi dieci anni, negli Istituti penitenziari nazionali, si sono verificati 583 suicidi, di persone di età compresa tra i 18 anni e gli 83 anni, quasi la metà delle persone era in attesa di una sentenza definitiva (tasso simile alle persone che si sono suicidate nel 2022)”.

Per quanto riguarda specificamente i suicidi avvenuti nel 2022, “a dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, le condizioni della vita detentiva o la durata della pena ancora da scontare o della carcerazione preventiva spesso non sembrano risultare determinanti nella scelta di una persona detenuta di togliersi la vita”. Troppo breve è stata in molti casi la permanenza all’interno del carcere, troppo frequenti sono anche i casi di persone che presto sarebbero uscite: “In questi casi”, dice ancora l’ufficio del Garante, “sembra piuttosto che lo stigma percepito dell’essere approdati in carcere costituisca l’elemento cruciale che spinga al gesto estremo. 49 persone, pari al 62 per cento del totale, si sono suicidate nei primi sei mesi di detenzione; di queste, 21 nei primi tre mesi dall’ingresso in Istituto e 15 entro i primi 10 giorni, 9 delle quali addirittura entro le prime 24 ore dall’ingresso. Questo vuol dire che circa un suicidio su cinque si verifica nei primi dieci giorni dall’ingresso nel carcere”. (Public Policy)

@davidallegranti