Il ddl sulla parità di genere nelle Regioni, al Senato

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ROMA (Public Policy) – È iniziato la scorsa settimana, in commissione Affari costituzionali al Senato, l’iter di un disegno di legge, a prima firma Giuseppina Maturani (Pd), per garantire la parità della rappresentanza di genere nei Consigli regionali.

Come? Modificando l’articolo 4 della legge 165 del 2004, in materia di accesso alle candidature per le elezioni dei consigli regionali. La relatrice al ddl, Anna Maria Bernini (FI), ha presentato giovedì scorso la proposta davanti alla commissione, che – da calendario – è iscritta all’ordine del giorno nelle sedute pomeridiane di martedì e mercoledì.

IL CONTENUTO DELLA PROPOSTA MATURANI
Nella sostanza il disegno di legge intende prevedere che le Regioni disciplinino con legge il proprio sistema elettorale “attenendosi all’ulteriore principio fondamentale della parità di genere nell’accesso alle cariche elettive, in osservanza del quale sono indicate differenti opzioni”. Ovvero: qualora si preveda l’espressione di preferenze, se ne devono consentire almeno due, con una riservata a un candidato di genere diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima (cosiddetta ‘doppia preferenza di genere’).

Se, invece, siano previste “liste senza espressione di preferenze, deve essere disposta l’alternanza tra candidati di genere diverso”, mentre nel caso di collegi uninominali “deve essere disposta la parità tra candidature presentate col medesimo simbolo o, in caso di numero dispari di collegi, uno scarto massimo di uno tra candidati dell’uno e dell’altro genere”.

‘DEMOCRAZIA PARITARIA’ E ‘RIEQUILIBRIO DI GENERE’
Come si evince dalla relazione illustrativa al ddl l’obiettivo è quello di assicurare la presenza femminile nelle istituzioni, ossia “il raggiungimento di una democrazia pienamente compiuta” che garantisca anche “la rottura di vecchi sistemi di potere che hanno favorito lo sviluppo di reti clientelari. La democrazia paritaria – si sostiene – è una questione di civiltà giuridica”.

Inoltre, “non configura alcuna concessione, alcun regalo o tutela” ma “è la presa d’atto, frutto di un’epocale rivoluzione culturale e politica, che il popolo sovrano è fatto di uomini e donne e, per questo, non è una nozione neutra, indistinta”. La relatrice, da parte sua, ha ricordato come dopo le misure introdotte dalla legge n. 120 del 2011 per i consigli di amministrazione delle società pubbliche e private, “negli ultimi anni il tema del riequilibrio di genere è diventato attuale anche all’interno delle istituzioni, in modo particolare nelle assemblee elettive”.

E nella scorsa legislatura “è stata approvata la legge 215 del 2012, per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali” mentre con la legge 65 del 2014 “si è introdotto un analogo meccanismo nel sistema di elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo”. (Public Policy) IAC