ROMA (Public Policy – stradeonline.it) – di Piercamillo Falasca – Tutti bravi a dire “bisogna aiutarli a crescere a casa loro, in Africa”, ma le applicazioni concrete di questo enunciato incontrano poi le resistenze e le barricate. Un caso concreto è quello scoppiato in queste ore sull’olio di oliva tunisino.
La notizia è la seguente: la Commissione europea ha appena dato il via libera all’aumento del contingente di importazione senza dazi di olio d’oliva dalla Tunisia all’Unione europea fino al 2017, dagli attuali 56.700 tonnellate annue fino a 91.700.
La misura sarà operativa solo dopo un voto favorevole del Parlamento europeo e – soprattutto – del Consiglio, dove siedono i rappresentanti dei governi nazionali. Più che un improvviso liberoscambismo, le motivazioni della Commissione hanno natura politico-strategica.
La Tunisia è oggi per l’Europa un partner politico privilegiato: è uno dei pochi paesi relativamente stabili del Maghreb, da poco promosso ad “alleato maggiore” della Nato, ed è anche l’approdo di un numero di rifugiati libici incommensurabilmente superiore a quello di qualsiasi paese europeo. Qualunque siano gli sviluppi futuri della situazione in Libia, la Tunisia è chiaramente un attore fondamentale per la sicurezza europea ed occidentale. Non a caso, da tempo gli Stati Uniti corteggiano Tunisi per l’installazione di una base Nato sul suo territorio.
Ora, se per la Tunisia 35mila tonnellate di esportazioni senza dazi verso l’Europa sono una boccata d’ossigeno importante (il Paese ha prodotto negli ultimi anni tra le 70mila e le 280mila tonnellate annue), per il mercato europeo si tratta letteralmente di una goccia in un mare: il consumo di olio di oliva nei territori dell’Unione si attesta intorno a 1,7 milioni di tonnellate all’anno.
L’Italia, in particolare, è un caso a parte: il nostro olio di olivo è straordinario, un oggetto di culto nel mondo, ma la produzione nostrana non è in grado nemmeno di soddisfare il consumo nazionale (nel 2014 abbiamo prodotto meno di 300mila tonnellate, ma anche in periodi più floridi non siamo in grado di sostenere un consumo che strutturalmente supera le 600mila tonnellate annue).
Al mercato italiano, insomma, l’olio tunisino serve eccome , ed è meglio acquistarlo senza l’aggravio di dazi doganali, no? Anche le ragioni del mercato, insomma, sembrano andare nella stessa direzione delle motivazioni più politico-strategiche: aprire le porte a qualche migliaio di tonnellata in più di olio tunisino irrobustisce l’economia di un Paese a maggioranza islamica moderata che può e deve essere insieme a noi un fattore di stabilità e di sicurezza per il Mediterraneo.
Tutti d’accordo? Nemmeno per sogno. Dal sito del loro Gran Visir Beppe Grillo, il gruppo del Movimento 5 stelle al Parlamento europeo tuona contro il Pd, riferendosi a Federica Mogherini, che come gli altri membri della Commissione Ue ha sostenuto la misura pro-Tunisia.
In realtà, tra gli europarlamentari italiani del Pd, i grillini trovano manforte, con Paolo De Castro pronto “a dare battaglia”. Altra levata di scudi è arrivata anche da Confagricoltura, pronta per bocca del suo rappresentante tarantino Luca Lazzaro “alle barricate”.
Non ci sono molti aggettivi per definire queste reazioni. Definirle miopi è riduttivo. Sarà banale, ma è in questi casi che si deve parafrasare l’antico adagio: tutti anti-terroristi, con il culo degli altri. (Public Policy – stradeonline.it)
@Strade_Magazine