Riforma costituzionale, quando la forma (del titolo) è sostanza

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di Vitalba Azzollini

ROMA (Public Policy // stradeonline.it) – Tra le varie perplessità che suscita la riforma costituzionale, ve n’è una che non sembra essere stata finora rimarcata: non attiene al merito, bensì al titolo del provvedimento.

Accanto al “superamento del bicameralismo paritario”, alla “soppressione del Cnel” e alla “revisione del titolo V”, nell’intitolazione viene richiamato espressamente il “contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”: nonostante esso rappresenti una mera conseguenza – se pur importante – del nuovo assetto costituzionale, viene così fatto assurgere a vero e proprio oggetto della riforma stessa e, indirettamente, della Carta.

Al riguardo, le “regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi” dispongono che nel titolo del provvedimento sia esplicitato l’oggetto principale della disciplina, evitando espressioni generiche.

Pertanto, da un lato, se pure è vero che dalla riforma costituzionale discenderà una riduzione di spese, oggetto del provvedimento resta, essenzialmente, la razionalizzazione delle procedure decisionali mediante il superamento del bicameralismo paritario e la riorganizzazione del potere territoriale tra Stato e Regioni.

Dall’altro lato, i risparmi che ne potranno derivare non sono quantificabili esattamente, dunque non ne è nota la consistenza: sarebbe forse stato meglio non connotare l’importante e sostanziale intervento sull’assetto istituzionale con un elemento generico e incerto, qual è una diminuzione di costi preventivamente non stimata con rigore.

La collettività può “conoscere per deliberare” quando vi è comprovata e precisa evidenza di ciò che viene sottoposto al suo giudizio, anche nel titolo di una legge: in mancanza, meglio evitare di inserire un elemento accattivante, ma non valutabile puntualmente. (Public Policy // stradeonline.it)

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