ROMA (Public Policy) – “Quando una proposta di legge è presentata da almeno cinquecentomila elettori e le Camere non la approvano entro diciotto mesi dalla sua presentazione, è indetto un referendum per deliberarne l’approvazione”. È quanto prevede il testo base della pdl Referendum, depositato in commissione Affari costituzionali alla Camera dalla relatrice Fabiana Dadone (M5s), di cui Public Policy ha preso visione.
Non sempre il referendum propositivo sarà ammissibile: “se la proposta non rispetta i principi e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione nonché i vincoli europei e internazionali, se è ad iniziativa riservata, se presuppone intese o accordi, se richiede una procedura o una maggioranza speciale per la sua approvazione, se non provvede ai mezzi per far fronte ai nuovi o maggiori oneri che essa importi e se non ha contenuto omogeneo”. Sull’ammissibilità del referendum sarà la Corte costituzionale a pronunciarsi, giudicando “su istanza dei promotori prima della presentazione della proposta di legge alle Camere, purché siano state raccolte almeno centomila firme”.
La proposta sottoposta a referendum è approvata se ottiene “la maggioranza dei voti validamente espressi”. Senza quorum, dunque. E se le Camere approvano la proposta in un testo diverso da quello presentato? Se i promotori non rinunziano, “il referendum è indetto su entrambi i testi. In tal caso l’elettore che si esprime a favore di ambedue ha facoltà di indicare il testo che preferisce. Se entrambi i testi ottengono la maggioranza dei voti validamente espressi, è approvato quello che ha ottenuto complessivamente più voti”.