The Atlantic, lo scoop nell’epoca della sfiducia (e di Trump)

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Lo scoop di The Atlantic per mano del suo direttore Jeffrey Goldberg ha provocato numerose reazioni. Non solo per quello che il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha detto – nell’ormai nota chat su Signal – sull’Europa e sugli europei, accusati di essere degli scrocconi. Ma anche per come ha replicato Donald Trump. Oltre ad aver dato ragione a Vance se l’è presa con il magazine, dicendo che sta fallendo. Trump d’altronde ha potuto contare nella sua carriera politica su una radicata sfiducia nel sistema tradizionale giornalistico.

Fin dal 1972 – e regolarmente ogni anno dal 1997 – l’istituto di ricerca Gallup interpella gli statunitensi sulla loro fiducia nei media. Oltre 50 anni fa, gli statunitensi che dicevano di fidarsi molto o abbastanza dei media erano il 68 per cento. Nell’ottobre 2023, a un anno dal voto, la percentuale è scesa al 32 per cento, peraltro la stessa del 2016, quando Trump vinse le elezioni presidenziali contro Hillary Clinton. Allo stesso tempo, un altro 29 per cento degli statunitensi adulti dice di non avere molta fiducia nei media, mentre il 39 per cento – cifra record – afferma di non averne affatto. “Questi quasi 4 statunitensi su 10 che mancano completamente di fiducia nei media sono il record più alto mai registrato”, ha scritto nel 2023 Megan Brenan, analista di Gallup. Il 39 per cento di sfiducia totale nei media è persino di 12 punti superiore al sondaggio del 2016, quando, tra l’altro, gli statunitensi che dichiaravano di non avere molta fiducia nei media erano il 41 per cento. Pochi giorni fa è uscito un nuovo rapporto dell’istituto Gallup e le cose non sono migliorate. Nel complesso è cresciuta la quota degli statunitensi che dicono di non fidarsi molto o per niente dei media.

Il 36 per cento non si fida affatto, mentre il 33 per cento non si fida molto: in totale è il 69 per cento. Una cifra non secondaria. Trump ha sfruttato e alimentato questa sfiducia nel sistema mediatico attraverso continui attacchi, alcuni anche personali, contro giornali, radio e tv. D’altronde, come spiega Lee McIntyre nel suo libro sulla disinformazione pubblicato da UTET, “la disinformazione deve essere creata, amplificata e creduta. Se lo scopo è semplicemente ritardare la verità abbastanza a lungo da raggiungere un obiettivo a breve termine (ad esempio, realizzare un profitto), probabilmente è sufficiente sollevare dei semplici dubbi. Ma se l’obiettivo non è ritardare la verità bensì ucciderla, se l’obiettivo a lungo termine è politico o ideologico, è necessario fomentare la sfiducia”. Che poi è esattamente quello che fa Trump. (Public Policy)

@davidallegranti