di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Nel tardo pomeriggio di lunedì – ora italiana – Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, dove era già stato nel quadriennio 2016-2020. Tutti si chiedono come sarà il secondo mandato di Trump, il “commander-in-tweet” secondo la definizione di Klaus Kamps. Nelle intenzioni non molto diverso dal primo, probabilmente; anche perché le premesse della sua vittoria sono simili a quelle di quasi dieci anni fa, quando conquistò le elezioni promettendo la restituzione della sovranità nelle mani del popolo. Che poi ci sia riuscito o che ci riesca o meno è, nell’epoca della post-verità, soltanto un dettaglio.
Tanto per cominciare, però, Trump inizierà con 100 ordini esecutivi che saranno firmati nel primo giorno di lavoro alla Casa Bianca. Riguarderanno varie materie, dall’immigrazione alle tariffe e alla deregolamentazione in settori come l’energia e le criptovalute. Inizieranno le “deportazioni di massa” di migranti irregolari, un mantra della campagna elettorale, adesso Trump ha la possibilità di metterlo in pratica.
Sarà il più grande piano di espulsione di massa in tutta la storia degli Stati Uniti. E inizierà da Chicago, città governata dai Democratici, dove l’Immigration and Customs Enforcement invierà tra i 100 e i 200 agenti per lavorare all’operazione, che potrebbe anche essere molto pirotecnica e scenografica. Un po’ come lo è stata fin qui la preparazione del ritorno alla Casa Bianca. Basta vedere la foto ufficiale scelta da Trump, così simile alla foto segnaletica scattata nel carcere della contea di Fulton quando era stato accusato di aver tentato di rovesciare l’esito del voto vinto in Georgia da Joe Biden. Oppure basta vedere la squadra che si è scelto: una serie di fedelissimi sostenitori pronti a immolarsi per lui. Alcuni di loro destano preoccupazione anche per il ruolo che andranno a ricoprire, come Tulsi Gabbard, ex democratica, ex sostenitrice di Bernie Sanders, scelta come prossima direttrice dell’Intelligence, che in questi anni ha ripetuto a pappagallo, fra le altre cose, la propaganda di Vladimir Putin sulla Russia. Alla Sanità c’è un complottista no vax, Robert F. Kennedy Jr. E via così. Come segretario di Stato è invece rassicurante la nomina di Marco Rubio, senatore Repubblicano della Florida.
A qualcuno per la verità sembra che Trump sia già in carica da tempo. In effetti pur essendo stato in questi mesi soltanto il presidente eletto molto è accaduto: dalla nuova dottrina imperialista statunitense (annessione del Canada, della Groenlandia, invasione del canale di Panama) al ripristino, di TikTok negli Stati Uniti (dopo un ban durato poche ore).
Per non parlare del ruolo della Nato, sul quale Trump sembra avere intenzione di insistere. Il che non significa che intenda uscire, anzi. Sembra essere più intenzionato a una ruvida trattativa. Dopo aver chiesto ai Paesi della Nato di spendere in difesa il 2 per cento del Pil, l’autore di “The art of the deal” ha rilanciato dicendo che adesso dovrebbero spendere il 5 per cento (fonti del Financial Times hanno detto che si accontenterebbe, alla fine, del 3,5). Lasciamo stare il fatto che solo 23 Paesi su 32 riescono ad arrivare al 2 per cento, figuriamoci al 5. Ma forse arrivato il momento, anche solo per l’Unione europea, di ammettere che le vacanze dalla Storia dopo 70 anni di protezione degli Stati Uniti sono finite e che è legittimo pensare a una difesa comune europea senza bisogno degli Usa a ricoprire il ruolo di sceriffo globale. Per ora sembra tutto semplice, per Trump. Bastano poche righe sui suoi social, poche minacce, e tutto o quasi arriva. Anche quando non è così. Ma la narrazione è potente.
I problemi però non mancheranno. Il rapporto con Elon Musk, uomo più ricco del mondo, osteggiato da parte della destra statunitense (a partire da Steve Bannon, il principe delle tenebre del Movimento Maga), sarà sottoposto a forti pressioni. Perché ancora non è chiaro se Musk agisca per tutelare soltanto i propri interessi o perché in preda al più assoluto tecnolibertarismo. Anche questa incognita, come altre, avrà un peso e delle conseguenze sul resto del mondo, Italia compresa. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, era negli Stati Uniti per la cerimonia di inaugurazione. Un segnale importante anche per l’Unione europea, dove ci sono opinioni molto nette e dure nei confronti di Trump. Pensare di non poter fare però i conti con la nuova amministrazione non è tuttavia possibile. Men che meno liquidare Trump come un incidente della Storia. (Public Policy)
@davidallegranti