Twist d’Aula

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ROMA (Public Policy) – di Massimo Pittarello – Metà degli italiani della legge elettorale se ne frega. L’altra metà è divisa tra chi ne ha sentito solo parlare, chi è tendenzialmente favorevole e chi contrario. Poi ci sono i politici. Una parte di loro alla Camera manda in scena una tragicommedia fatta di tradimenti, strappi, urla, lacrime e lanci di crisantemi che alla fine, di fronte ad un tema “tecnico” e un po’ ostico, non fa che screditare ulteriormente la politica agli occhi dei cittadini. Per un anno sull’Italicum c’è stata un’ampia convergenza, tanto che al Senato è passato grazie ai voti di Forza Italia, quando Brunetta avvertiva che “o passa entro Pasqua o salta tutto”.

Adesso, invece, la stessa identica legge per lo stesso identico Brunetta è “fascismo renziano”. E’ vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, ma qui si esagera. Bersani nel 2012 proponeva doppio turno, premio di maggioranza e no alle preferenze. Adesso si oppone ad una legge che unisce tutti e tre questi elementi. Tra i grandi oppositori, quelli che “aiuto arriva la dittatura”, ci sono Rosi Bindi, Gianni Cuperlo e Renato Brunetta, che nel 2007 firmarono un referendum che proponeva il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione.

Nei precedenti passaggi parlamentari minoranza Pd, Sel e Forza Italia hanno chiesto e ottenuto modifiche. Ma una legge pericolosa per la democrazia non si modifica, si boicotta. E sicuramente non si vota, anche a costo di far cadere il governo. Qui però in gioco non c’è la democrazia, ma una partita tutta interna ai partiti. E lo rivela anche il comportamento di Gennaro Migliore, che dai banchi di Sel urlava “l’Italicum puzza di Porcellum”, mentre ora che è nel Pd, invece, dice che siamo di fronte ad una “occasione storica di approvare una buona legge elettorale”. #statista.

Ma non dimentichiamo nemmeno il protagonista della commedia. Renzi a gennaio 2014 twittava: “fare le regole a colpi di maggioranza è uno stile che abbiamo sempre contestato”. Davvero? Anche oggi? Ma non finisce qui. La quantità e qualità degli insulti messi a referto è tale che in confronto gli hooligan sono cresciuti ad Oxford. Arturo Scotto, capogruppo di Sel, parla di “funerali della democrazia”, mentre il suo gruppo lanciava crisantemi in aula. Qualcuno gridava “cornuta” a Boldrini, mentre Maurizio Bianconi di Forza Italia si esprimeva con un sobrio “branco di maiali, infami e rottinculo. Vergogna!”.

Per Bossi “servono i fucili o si esce dall’aula” (una fissa questa dei fucili per Bossi). Insomma, “Ci saranno tumulti su ogni votazione, ha capito presidente Boldrini?”. “Sì, grazie, senatore Santangelo”. Ma se si escludono becere pagliacciate, i tumulti non ci sono e dopo la pirotecnica giornata di martedì, il clima progressivamente si distende anche se Marilena Fabbri (Pd) scoppia in un pianto a dirotto, e nessuno sa se di rabbia o liberazione. Il governo ottiene 3 volte la fiducia, perché evidentemente in parlamento c’è una gran voglia di continuare la legislatura e conservare la poltrona.

Rispetto ai voti contrari sul Jobs Act, tra i dissidenti del Pd si sono aggiunti un ex presidente del Consiglio, due ex segretari, un ex capogruppo e un ex presidente del partito. Se sono tutti ex ci sarà anche un motivo. “Potevano portarsi qualche amica”, li deridono i renziani. E hanno ragione, dopo le ex, sempre le amiche. La minoranza, comunque è spaccata, con 50 deputati ormai in rotta con l’oltranzismo bersaniano. Molti di loro alle 19 di giovedì, alla buvette della Camera, sciolgono in un prosecco la tensione. “Ora ci riprendiamo il partito”, dicono. Eh, vedremo… Intanto, appuntamento alla tarda serata di lunedì per il voto finale sull’Italicum.

Ecco, non si prevedono orde di italiani sulle barricate, però da un Parlamento incapace per dieci anni di modificare il Porcellum ci aspetteremmo un comportamento diverso. Se la coerenza è fantasia, quanto meno un po’ di dignità. E invece sembra che la classe politica faccia di tutto per screditarsi. Si sa, il vecchio adagio è sempre valido: “in politica le cose valgono nel momento in cui si dicono”.(Public Policy)

@gingerrosh