Twist d’Aula – Chi prepara le valigie

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – L’ipotesi più quotata resta quella della scadenza naturale del 2023, ma qualcuno comincia a scommettere che la legislatura possa interrompersi anche prima. E c’è chi dice che, senza la guerra in Ucraina, il Governo sarebbe già caduto. In effetti non c’è provvedimento che al passaggio parlamentare non trovi intoppi, non subisca veti, non venga annacquato o insabbiato. Tanto che ormai l’azione dell’Esecutivo ha perso definitivamente slancio. E questo per tre livelli di conflitto, che sembrano ormai insanabili. Il primo è quello tra le eterogenee forze di maggioranza. Il secondo è quello interno alle coalizioni. Il terzo è tra Governo e partiti, ormai separati in casa, con obiettivi e strategie sempre più di divergenti.

Le risoluzioni approvate a larga maggioranza da Camera e Senato sul Def ne sono esempio plastico. Dopo una bagarre iniziale in cui ogni forza politica ha provato a inserire la propria bandierina si è arrivati ad una soluzione di compromesso, in cui tutte le tensioni vengono scaricate sul Governo. Nel testo finale ci sono infatti diverse richieste generiche e alcune precise, tra cui la reiterata richiesta di un nuovo scostamento di bilancio, specie di fronte al peggioramento dello scenario economico. Un’opzione, purtroppo, sempre più prossima e quotata. Tuttavia sia Franco che Draghi tengono il punto. L’opinione è che, di fronte alla riduzione del QE e al progressivo rialzo dei tassi, il costo di mantenimento del debito pubblico diventerà sempre più oneroso e potrebbe anche farsi insostenibile qualora l’Italia, ancora una volta, non mantenesse l’impegno di tenere i conti in ordine.

Ormai partiti e Governo viaggiano su due treni diversi, in direzioni opposte. E la lista degli incidenti è lunga. Sul ddl Concorrenza, prima ancora di entrare nel merito, c’è stata battaglia sull’iter procedurale, con accordo raggiunto solo giovedì pomeriggio. La riforma della giustizia incontra diverse critiche e al Senato potrebbe essere necessaria la fiducia per arrivare ad un via libera definitivo. Senza parlare della delega fiscale, su cui ancora non c’è accordo. Anzi, la Lega che fa la voce grossa. Da tempo la situazione è tesa. Già il 18 febbraio, sul Milleproroghe, siamo stati a un passo dalla rottura con Draghi che si è recato da Mattarella per palesargli tutta la sua irritazione. Tuttavia il 24 febbraio è arrivata l’invasione russa dell’Ucraina, che ha congelato tutto. Ma questo non ha impedito ai partiti, in particolare a 5 stelle e Lega, di logorare l’Esecutivo.

Oltre al conflitto tra Parlamento e Governo dobbiamo poi aggiungerne altri due. Il primo è quello tra i vari partiti che compongono la maggioranza. A mano a mano che si avvicina il voto, sia quello amministrativo che quello politico, ognuno ha necessità di marcare le proprie posizioni e prendere le distanze, alimentando le divisioni e attaccando quelli che oggi sono alleati e domani saranno avversari. Il che, ovviamente, rende più complicato trovare delle sintesi. E poi ci sono le tensioni interne alle coalizioni. A sinistra si allarga il solco tra il Pd “atlantista” guidato da Enrico Letta e i 5 stelle “antimilitaristi” di Giuseppe Conte, mentre a destra Lega e Forza Italia si divergono ogni giorno di più dalla linea, e dalla crescita del consenso di Fratelli d’Italia. Senza contare che non si trova l’accordo sulle candidature alle amministrative.

Una situazione di “liberi tutti”, anzi di “tutti contro tutti”, che sembra destinata a crescere. Di fronte al peggioramento del ciclo economico, alla spirale inflazionistica e allo spettro di recessione, sembra addirittura inevitabile. In tempi di vacche magre, si sa, è più difficile andare d’accordo. In tutto questo bisogna considerare la personalità di Draghi. Il quale non immaginava di ritrovarsi incastrato in questa situazione e che sta pensando a soluzioni alternative, spiffera chi gli sta vicino. Probabilmente alla poltrona di Stoltenberg, ora in regime di prorogatio di un anno. L’idea di anticipare la legge di Bilancio all’estate sarebbe prodromica alla chiusura dei giochi. Vedremo, ma se le Camere si dovessero sciogliere a ottobre, in modo inedito per la storia della Repubblica, in modo molto edito i parlamentari avrebbero comunque la pensione assicurata. Per cui l’ipotesi non è impossibile. (Public Policy)

@m_pitta

(foto cc Palazzo Chigi)