di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – La guerra in Ucraina ha posto una domanda a tutti noi: da che parte vogliamo stare? Perché non si possono ignorare il nazismo del battaglione Azov, le migliaia di vittime in otto anni di guerra civile in Donbass, come e perché la Russia si sia sentita accerchiata e isolata, ma non si può nemmeno non vedere che oggi sulle rive del fiume Dnepr corra un confine, fisico e ideale: ad occidente c’è il mondo democratico e liberale; a oriente, da Donetsk a Vladivostok, passando per Pechino e con vista su Nuova Delhi, quello delle autocrazie. Nell’intervento di Zelensky al Parlamento italiano è rimbalzata questa dicotomia: gli ucraini combattono per la loro autodeterminazione, ma anche per l’Europa e l’Occidente, contro l’arroganza del Governo russo, ha detto il presidente ucraino.
Ad ascoltarlo erano presenti 580 parlamentari su 945. Qualcuno era malato, qualcuno aveva altri impegni (judo forse?), qualcuno ha attuato il boicottaggio, come gli ex grillini ora in Alternativa. Parlamentari eletti per un accidente della storia nel 2018, hanno fin da subito avuto difficoltà con la realtà del governo (quante volte hanno cambiato idea e si sono rimangiati le promesse?) e che poi eventi come Covid e guerra hanno ri- posizionato nella loro sede naturale: quella della rappresentanza, testimoniale, del complottismo antisistema. Se il loro atteggiamento appare stonato mentre piovono bombe sulle città ucraine, bisogna tuttavia allargare lo sguardo su forze di altro peso e altra ambizione. Per esempio, c’è da vedere se Conte riuscirà a espellere dai 5 stelle il presidente della commissione Esteri al Senato, Vito Petrocelli, che ha chiesto ai grillini di uscire da un Governo “interventista”. Ma soprattutto se l’ex premier riuscirà a dissolvere le ambiguità che ci sono sulla calata dei militari russi sul suolo italiano nel marzo 2020, da lui stesso autorizzata quando era a Palazzo Chigi.
Ma non solo. Specie dopo la figuraccia in Polonia Salvini non cerca i riflettori. Dopo l’intervento di Zelensky ha provato a evitare domande, perché non vuole, o non può, prendere posizione contro Putin. Fa il pacifista a intermittenza. Non spezza il legame con il Cremlino. Non sostiene l’invio di armi alla resistenza ucraina. La sua posizione rimane ambigua, come di quella dei 5 stelle, e questo lo allontana dal Governo. Al contrario ne esce più netta e autorevole la posizione di Fratelli d’Italia, che per la seconda volta Draghi ha ringraziato in aula per il supporto, dall’opposizione, alla linea atlantista dell’Esecutivo. Meloni ha da tempo compreso l’importanza delle alleanze internazionali. In fondo si può dire che oggi si sta riproponendo, in diversa forma, la “conventio ad excludendum” che c’era verso il Pci durante la Guerra fredda. C’è una guerra, una trincea, un confine. Non ci si può fermare a metà. E questo non vale solo in Italia, ma in tutto il mondo. Perfino la Svizzera, per la prima volta nella storia, ha abbandonato la sua neutralità.
In fondo non c’è in gioco solo il destino dell’Ucraina, ma la lotta tra due visioni del mondo: quella dei diritti e delle libertà contro quella dell’autoritarismo. Oltre a Xi Jingping e Putin lo hanno ribadito ultimamente il guru dello zar, Aleksandr Gel’evič Dugin (“A Kiev si combatte la guerra dei valori russi contro i valori occidentali moderni e post-moderni) e il patriarca Kirill (”Una battaglia spirituale contro i gay”). In tutto questo le opinioni pubbliche del mondo occidentale hanno preso nettamente posizione. La stessa Russia non ne è affatto esente, nonostante la censura e la propaganda. La voglia di libertà e autodeterminazione si mostra una forza assai potente. Nell’est Europa, che pure non è rimasto immune a ondate di nazionalismo e sovranismo, lo spauracchio dei carri armati russi ha portato le piazze a riempirsi di bandiere dell’Ucraina, non di quelle della pace o della neutralità.
In tutto questo lo spazio politico ed elettorale per le forze antisistema va verso una progressiva ma generalizzata riduzione. Negli ultimi quindici anni abbiamo visto l’affermarsi in tutto l’Occidente di forze come il Front National in Francia, Afd in Germania, Brexit e Trump, 5 stelle e Lega solo per citare alcuni esempi. Prima con il Covid, ora con l’invasione dell’Ucraina, bisogna domandarsi quale sarà l’evoluzione futura di questo fenomeno, che comunque ha carattere strutturale. Non potrà infatti proseguire sulla linea tracciata in precedenza. I leader populisti non potranno più flirtare con Mosca e con Pechino. Non potranno più travalicare idealmente il limes che in questi giorni è stato posto sulle sponde del Dnepr, salvo relegarsi in posizione di testimonianza, di marginalità non certo come forze di governo. Quello che bisogna capire, specie in Italia, è come si posizionano quelli che a governare ci puntano davvero. Per esempio Berlusconi, che su Putin non ha ancora detto una parola. (Public Policy)
@m_pitta