VERSO IL VOTO, MONTI PRENDE LE DISTANZE DA FINI E CASINI

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(Public Policy) – Roma, 5 feb – (di Felicia Giudice)
Volano gli stracci nel partito di Casini e tra il leader Udc
e la base – complice la campagna elettorale – è ormai
sceso il grande gelo.

Facce scure tra molti dirigenti e amministratori locali
centristi, che rimproverano a ‘Pier’ di aver ‘svenduto’ a
Monti il partito, in ‘picchiata’ nei sondaggi. Succede così
che tra gli esponenti del partito, che difendeva lo ‘scudo
crociato’, è iniziato il fuggi-fuggi: ognuno corre per se
stesso e non per il partito – si sfoga un consigliere
regionale – e in tanti guardano ormai al professore.
Monti cannibalizza i voti Udc? “Non sono preoccupato”
afferma Casini a La telefonata di Belpietro su Canale 5. Del
resto, spiega lo stesso leader centrista “sono candidato al
Senato per la lista Monti”. E infatti – malignano in tanti –
l’ex presidente della Camera ci ha visto lungo ed ha
‘piazzato’ se stesso e fedelissimi come Rao a palazzo
Madama, dove appunto ‘Pier’ aspira alla scranno più alto.

Il ‘peccato originale’ – confidano fonti interne al partito
– sarebbe proprio la lista unica per le politiche voluta dal
professore, a cui invece Casini si è opposto, ottenendo la
corsa a tre per Montecitorio, per poi mandar giù la fusione
al Senato. La ‘Caporetto’ Udc – secondo indiscrezioni – ha
come genesi l’accordo stretto con il professore per la
Regione Lazio – ad inizio gennaio – che ha ‘fagocitato’ il
partito con la lista unica e Giulia Bongiorno candidata alla
presidenza: sarebbe quella – è il j’accuse di alcuni
esponenti locali- la prima ‘debolezza’ di Casini.
Ma il vento freddo soffia forte ormai anche tra lo stesso
leader centrista e Monti, che dal più fedele ‘sponsor’ del
suo Governo tecnico, ha preso le distanze. Non è un mistero
infatti – confermano alcuni candidati della lista civica
montiana – che il professore abbia scelto scientemente di
non partecipare ad iniziative elettorali con Casini e Fini,
presidente della Camera e leader di Fli.

Meglio – sussurrano – non mettere la faccia accanto
a quella dei due ‘dinosauri’ del Parlamento, con cui
però Monti ha un debito di riconoscenza. E comunque malgrado
la ritrosia iniziale, è ormai acclarato che lo sbocco finale
del post-voto saranno i gruppi unici, a palazzo Madama e a Montecitorio.
Quel che voleva il premier bocconiano uscente, fin
dall’inizio. Per la proprietà transitiva infine il gelo nei
rapporti sarebbe sceso anche tra Casini e Fini, che rischia
di perdere ogni scranno. Anche quello della Fondazione della
Camera, che spetta agli ex inquilini del Palazzo, ma che
dalla prossima legislatura – la diciassettesima – non
esisterà più. Colpa dei tagli ai costi della politica su cui
‘Gianfranco’ ha messo la firma in calce.

Dentro Futuro e libertà non tira una bella aria. La
disfatta è dietro l’angolo e se – alchimie del famigerato
Porcellum, l’attuale sistema di voto, che le forze
politiche non sono riuscite a cambiare – l’Udc non dovesse
superare la soglia del 2% alla Camera, sarà il partito di
Casini il miglior perdente ‘ripescato’, con buona pace per
Fini. Eppure il cofondatore del Pdl, ‘cacciato’ da
Berlusconi, contava 90 deputati ex An, a inizio legislatura.
Oggi – fanno notare ex colleghi di partito – non riesce a
garantire neppure se stesso. (Public Policy)

FEG