“Per cyberbullismo si intende….”: cosa prevede il ddl approvato

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di Francesco Ciaraffo

ROMA (Public Policy) – Norme solo contro il cyberbullismo (e non anche contro il bullismo) e interventi educativi, senza repressione penale. E ancora, campo di applicazione ristretto solo ai minorenni (sia nelle veste di vittime che di cyberbullo). È la sintesi del ddl Cyberbullismo approvato in via definitiva alla Camera alla fine di un iter di tre anni e mezzo. E dopo quattro passaggi parlamentari che hanno tentato di modificarne l’impianto.

Da una parte, infatti, la Camera voleva un intervento anche contro i bulli fuori dal pc e non solo con strumenti educativi, ma anche penali. Dall’altra il Senato che privilegiava un’impostazione di carattere educativo senza elementi penali e riferita solo al cyberbullismo. E alla fine il provvedimento è uscito proprio in base a questo seconda impostazione. La Camera infatti non ha modificato il provvedimento dopo il passaggio a Palazzo Madama.

Ripercorriamo nel dettaglio i contenuti:

LE DEFINIZIONI E (QUINDI) LE APPLICAZIONI

Il Senato ha cancellato la definizione di bullismo che ha portato anche a rivedere quella di cyberbullismo.

Per ‘cyberbullismo’, quindi si intende “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Tornata, sempre a Palazzo Madama, la specifica del danno ai minorenni che non era presente nel testo trasmesso dalla Camera. Ristretto quindi il campo di applicazione, che la Camera aveva riferito a tutti, senza limiti di età.

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@fraciaraffo