Cosa prevede il dpR sull’uso dei dati per finalità di polizia

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ROMA (Public Policy) – Saranno conservati per per 20-25 anni i dati personali nei casi di arresto; 30 per quelli relativi a provvedimenti di espulsione e rimpatrio; 30 anni dalla scarcerazione a seguito di espiazione della pena in caso di condanna.

Sono alcuni dei termini di conservazione dei dati personali previsti nello schema di dpR sull’utilizzo dei dati personali per finalità di polizia, esaminato venerdì dal Consiglio dei ministri, preso in visione, in bozza, da Public Policy.

Per i dati correlati ad attività di polizia giudiziaria conclusa con provvedimento di archiviazione, di assoluzione o di non doversi procedere sono stati individuati, invece, tempi di conservazione di 20 anni; 10 anni per quelli raccolti per l’analisi criminale;

La conservazione dei dati, ancora, sarà di 5 anni per chi abbia abusato di provvedimenti autorizzatori, di nulla osta o licenze di polizia, così come nel caso di detenzione di armi.

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IAC