Di lotta e di governo: il centrodestra gioca a poker

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – La resa dei conti è finalmente giunta anche nel centrodestra (c’era da non compromettere il risultato delle elezioni amministrative e, sorpresa, il risultato si è compromesso da solo).

Dopo mesi di attesa, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia hanno avviato un confronto, non sereno ma serrato. Si parte, intanto, dai partiti della maggioranza. I ministri leghisti (Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia, Erika Stefani) e quelli italo-forzuti (Renato Brunetta, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini), si incontreranno in settimana. Un incontro che Salvini dice di aver voluto per mesi ma che arriva all’indomani delle critiche di Brunetta contro l’eccesso di sovranismo del centrodestra: “Se la destra sovranista, anti-europea, anti-Green Pass va dietro al richiamo della foresta commette un grande errore, perché il popolo non la pensa così”, ha detto il ministro della Pubblica amministrazione in un’intervista a la Repubblica, dalle cui colonne ha lanciato un appello al centrodestra e non solo: “Mi rivolgo ai partiti, a partire dal mio. Lancio un appello alle donne e agli uomini di buona volontà, ai ‘liberi e forti’ di sturziana memoria. Torniamo ai fondamentali, alle grandi famiglie politiche che hanno costruito l’Europa e le sue istituzioni nel dopoguerra: la famiglia dei popolari, quella liberale e quella socialista. Queste tre culture politiche adesso possono ricostruire l’Italia del futuro. Con Draghi”.

L’iniziativa è stata poi ridimensionata da Silvio Berlusconi, costretto a spiegare che la linea di Forza Italia – fino a prova contraria – la dirige lui. Per una frazione di secondo della storia, d’altronde, era parso che l’ex presidente del Consiglio non fosse saldamente alla guida della sua creatura. Ma può esistere una Forza Italia senza Berlusconi? Evidentemente no. E forse non può esistere neanche un centrodestra senza il Cavaliere. I problemi però non mancano, anche in casa sua, come ha avuto modo di sottolineare il senatore di Forza Italia Andrea Cangini, candidato mancato a Bologna, dopo il vertice del Ppe: “A Bruxelles, il presidente Berlusconi aveva appena finito di rassicurare i partner europei sull’affidabilità della Lega (‘garantisco io’) che Matteo Salvini rilanciava l’idea di costituire un gruppo con Marine Le Pen e schierava i suoi europarlamentari a fianco del Governo polacco, confermando così la pervicace volontà di tenersi fuori dall’‘arco costituzionale’ europeo”. Dentro Forza Italia, insomma, si cerca di costituzionalizzare sovranisti e neo populisti. C’è però un problema: Lega e Fratelli d’Italia rivendicano piena agibilità politica e una già avvenuta costituzionalizzazione. Insomma, sono già sufficientemente istituzionalizzati. Non c’è bisogno di aggiungere altre manovre d’avvicinamento al centro. Un progetto che può piacere appunto agli italo-forzuti ma non alle altre due componenti della coalizione conservatrice.

Il centrodestra è dunque a un bivio politico-esistenziale. Come soddisfare le esigenze di uno schieramento che ha al proprio interno due partiti di maggioranza e uno di opposizione? Come rendere omogeneo l’amalgama mal riuscito di tradizione liberale e popolare con quella sovranista e neo populista? Non è che troppe cose insieme non ci possono stare? Può esistere un campo largo del centrodestra, per citare un’espressione cara ai progressisti?

Che il centrodestra abbia bisogno di un centro forte è evidente. Non si può pensare di vincere senza rappresentare tutto il mondo che si considera alternativo alla sinistra e non tutto il mondo che si considera alternativo alla sinistra, si sente rappresentato dalla Lega o da Fratelli d’Italia”, ha detto venerdì sorso l’ex deputato Guido Crosetto, partecipando a un incontro promosso dalla Fondazione Dc. “Il centrodestra deve rimanere unito ed alternativo alla sinistra e a ipotetici centri di cui si parla da vent’anni ma che poi non sorgono mai. Però nel centrodestra devono essere più ascoltate le proposte di Forza Italia e di Silvio Berlusconi. È proprio Forza Italia la garante di una proposta ancorata a una sana visione dell’economia, della società, dei rapporti europei ed internazionali”, ha detto il senatore Maurizio Gasparri, componente del comitato di presidenza di Forza Italia. Insomma, dentro Fratelli d’Italia c’è chi vuole un centro forte ma dentro la moderata Forza Italia c’è chi dice che un (altro) centro forte non ci può essere perché c’è già. Il che dà il senso della partita a poker che si sta giocando nel centrodestra.

Tra una mano e l’altra della partita, si ricomincia a parlare anche di legge elettorale. Un grande classico, che di solito si gioca sul finale di stagione. Le elezioni amministrative sono finite, si avvicina la scelta del successore di Sergio Mattarella, i partiti cercano una soluzione per il sistema elettorale. Una soluzione necessaria, visto che dopo il taglio del numero dei parlamentari, ridotti di un terzo, c’è bisogno di una riforma.

Già, ma quale? I leader di centrodestra hanno appena firmato una dichiarazione per rendersi indisponibili alla proporzionale, che invece piace al Pd. Un concetto ribadito da Salvini e Meloni con burbanzose dichiarazioni. Dentro Forza Italia le cose sono più variegate. Il senatore Cangini è per il proporzionale, idem Gianfranco Rotondi: “Salvini dice che dobbiamo opporci al proporzionale perché ci potrebbe in dote 62 partiti. Veramente esistono in Italia già più di 62 partiti, e ce li ha portati il sistema maggioritario. Ai tempi del proporzionale, i partiti erano meno di dieci”. Insomma, ha detto Osvaldo Napoli di Coraggio Italia, “ostinarsi, come fanno i leader del centrodestra, nella difesa del sistema maggioritario conferma ancora una volta la confusione in cui si trova la politica italiana. Le coalizioni nate col maggioritario sono state fatte per vincere le elezioni ma poi hanno tutte miseramente fallito nella prova del governo. È stato così per il centrodestra berlusconiano e per l’Ulivo prodiano”.

C’è il rischio che la contesa sulla legge elettorale diventi una sorta di conventio ad excludendum contro Salvini e Meloni, come ha osservato Giovanni Orsina nei giorni scorsi in un’intervista a Public Policy: “Ancora una volta Berlusconi è il pivot di tutti. Se decide di votare il presidente della Repubblica con il Pd è finita per il centrodestra. Salvini e Meloni tornerebbero nel ghetto. Ci sarebbe una conventio ad excludendum antifascista e antisovranista, cambierebbero la legge elettorale con un proporzionale senza premio di maggioranza e nel 2023 il centrodestra si troverebbe al 40 per cento contro un’alleanza frastagliata e incasinata con tutti dentro che però vale il 60 per cento. Questo è ciò che sta cercando di fare il Pd”. Bisogna capire se Berlusconi, per Salvini e Meloni, sarà ancora un prezioso alleato oppure l’arma finale del centrosinistra per isolare i sovranisti. Molto difficile, tuttavia, che il Cavaliere possa accettare la parte dell’utile idiota del Pd. (Public Policy)

@davidallegranti