di Marta Borghese
ROMA (Public Policy) – Le spese per la Difesa ci saranno, ma se ne riparlerà a esercizio finanziario avviato, quando il Governo informerà il Parlamento sulla pianificazione della spesa militare aggiuntiva e sugli strumenti effettivamente adottati. Non, dunque, nell’imminente Manovra di bilancio.
Gli impegni presi (in ambito Nato) e le strategie in corso (in ambito Ue) sono tali e tanti che, con l’arrivo del Dpfp, di Difesa si è parlato subito, poco dopo l’approvazione in Cdm. “Nel Documento si dà conto dell’incremento” rispetto al 2025 “di 0,15%” del Pil “nel 2026, di 0,3% nel 2027 e di 0,5% nel 2028 da destinare alle spese della difesa” ha precisato il Mef in una nota, ma l’incremento rimane al momento virtuale.
Le motivazioni sono principalmente due. Una, chiarita sin da subito dal Mef in relazione al Dpfp, è che “l’incremento è subordinato all’uscita dalla procedura di disavanzo eccessivo, alla luce del profilo dell’indebitamento previsto dal documento”. L’obiettivo di uscita dalla procedura resta dunque prioritario rispetto alla contrazione di nuove spese per la Difesa.
La seconda motivazione, poi, è legata agli strumenti europei: il Safe, di cui l’Italia ha già fatto richiesta, ma anche la Nec (la National escape clause), che consente agli Stati di superare i tassi massimi di crescita della spesa netta per le spese in Difesa e che era stata in un primo tempo esclusa dal Governo italiano.
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@BorgheseMarta
(foto cc Palazzo Chigi)