ROMA (Public Policy) – Tempi duri non soltanto per gli oppositori politici negli Stati Uniti di Donald Trump, ma anche per gli scienziati. Secondo un recente sondaggio pubblicato dalla rivista Nature, oltre 1.200 ricercatori su 1.650 intervistati hanno dichiarato di star prendendo in considerazione l’ipotesi di lasciare gli Stati Uniti per dirigersi verso Europa e Canada. Tra tagli ai finanziamenti e posizioni antiscientifiche ispirate – sostiene il Wall Street Journal – al Project 2025 della Heritage Foundation, uomini e donne di scienza preferirebbero espatriare anziché restare in un Paese in cui già una volta – durante il primo mandato iniziato nel 2016 – il presidente degli Stati Uniti aveva provato ridurre fortemente l’influenza di varie agenzie federali.
Dopo la contestazione alla politica tradizionale e ai media tradizionali, d’altronde, Trump non poteva esimersi da contestare anche la scienza. Che non ha bisogno di aggettivi. La scienza non è tradizionale, la scienza è. Ha un suo canone, una sua democraticità, delle regole ben precise per stabilire che cosa è scientifico e che cosa non lo è, come spiega lo storico della scienza Marco Ciardi: “La scienza moderna, in opposizione alla magia, nasce come sapere pubblico, controllabile, riproducibile e verificabile. Un sapere universale e fondato sul principio dell’uguaglianza delle intelligenze”. Ogni individuo, uomo o donna, “può accedere alla conoscenza scientifica, fatto impossibile nel mondo della magia, dove il sapere è a disposizione di poche persone elette (sciamani, stregoni, sacerdoti) ed espresso con linguaggi non sempre chiari e comprensibili a tutti”.
Come nel caso del populismo o della critica radicale dei media – di cui ci siamo occupati su Public Policy la settimana scorsa – Trump non ha inventato niente. Anche il sentimento antiscientifico ha infatti una sua storia. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, è difficile individuare il momento in cui per i politici l’anti-scienza è diventata accettabile, da imbracciare soprattutto per non perdere una campagna elettorale. D’altronde, i padri fondatori erano amanti della scienza. Thomas Jefferson, avvocato e scienziato, costruì l’originaria giustificazione per l’indipendenza della nazione sul pensiero di Isaac Newton, Francis Bacon e John Locke, gli inventori della fisica, del metodo induttivo e dell’empirismo. Per lui erano la “trinità degli uomini migliori”. Per Jefferson, chiunque scopra la verità usando ragione e scienza si avvicina più di altri alla verità.
Ma nella storia politica americana non tutti hanno condiviso una tale impostazione.
Nel 2012, ben prima dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca, la rivista Scientific American si è interrogata sul problema del trasversale sentimento antiscientifico presente nella società e nella politica, ragionando sugli evidenti rischi per il pensiero democratico: “Allontanando l’opinione pubblica dai principi antiautoritari dei fondatori della nazione, il nuovo negazionismo scientifico sta creando una crisi esistenziale come poche altre volte il Paese ha affrontato”. Il negazionismo scientifico non è prerogativa di una singola parte politica, spiegava l’autore Shawn Otto: “Il rifiuto della scienza tra i Democratici tende a essere motivato da infondati sospetti di pericoli nascosti per la salute e per l’ambiente”. Dalla credenza secondo cui i telefoni cellulari producono tumori al cervello o che i vaccini provochino l’autismo: “Il negazionismo scientifico repubblicano tende ad essere motivato dal fervore antiregolatorio e dalle preoccupazioni fondamentaliste sul controllo del ciclo riproduttivo”.
Esempi di questo tipo sono il Global Warming, considerato una bufala, oppure il fatto che dovremmo insegnare agli studenti la “controversia” se la vita sul pianeta sia stata plasmata dall’evoluzione nel corso di milioni di anni o da un progettista intelligente nel corso di migliaia di anni; come se ci fossero dubbi su questo. “Di queste due forme di negazionismo scientifico, la versione repubblicana è più pericolosa perché il partito ha iniziato ad attaccare la validità della scienza stessa come base per le politiche pubbliche quando la scienza non è d’accordo con la sua ideologia”, scriveva Otto.
L’antiscienza negli Stati Uniti non è comunque spuntata fuori dal nulla. Ha avuto tempo a disposizione per lavorare sulle menti della pubblica opinione. William Jennings Bryan, tre volte candidato presidente degli Stati Uniti per i Democratici, ha svolto campagne fondamentaliste contro la teoria dell’evoluzione, sostenendo che stesse provocando un decadimento morale nei giovani statunitensi sminuendo l’autorità della Bibbia. Mitt Romney si è dovuto rimangiare la sua posizione sul cambiamento climatico dopo essere stato attaccato dagli estremisti di destra del suo partito. “Non parlo a nome della comunità scientifica, ovviamente, ma credo che il mondo si stia riscaldando”, disse nel giugno 2011 dopo aver annunciato la sua candidatura per le primarie del Partito Repubblicano2: “Non posso dimostrarlo, ma credo, sulla base di ciò che ho letto, che il mondo si stia riscaldando e, secondo me, che l’uomo vi contribuisca”. Pochi giorni dopo Rush Limbaugh, uno degli esponenti di punta della alt-right americana, lo attaccò nel suo celebre programma radiofonico: “Addio candidatura. Ciao ciao nomination, un’altra è andata giù. Stiamo scoprendo che è tutto un imbroglio. L’ultimo anno ha stabilito che l’intera premessa del riscaldamento globale causato dall’uomo è una bufala! E abbiamo ancora candidati presidenziali che vogliono crederci”. Romney fu costretto a fare dietrofront per non perdere il consenso degli elettori Repubblicani.
“I fatti”, sosteneva John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti d’America, “sono cose ostinate; e qualunque siano i nostri desideri, le nostre inclinazioni o i dettami della nostra passione, non possono alterare lo stato dei fatti e delle prove”. Potrebbe sembrare una patente verità, ma non è così per tutti. Trump ha sostenuto infatti che il riscaldamento globale è un complotto cinese, nel 2019 ha smantellato un accordo sul clima durato vent’anni. Più volte ha ripetuto che i vaccini provocano l’autismo. Posizioni che sono state pubblicamente contestate da scienziati e riviste scientifiche, preoccupate dell’impatto sulla vita delle persone. Insomma, prima e durante l’amministrazione Trump, il pensiero scientifico e lo stesso concetto di conoscenza sono stati messi a dura prova da quelli che una consigliera trumpiana alla Casa Bianca, Kellyanne Conway, ha definito “alternative facts”, fatti alternativi. Il Trump nel 2025 dunque non è molto diverso da quello di quasi dieci anni fa. Neanche sul fronte dell’anti-scienza. (Public Policy)
@davidallegranti





