di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – È arrivato dunque agosto, ma più che le vacanze incombono le elezioni regionali. Le coalizioni sono alle prese con estenuanti trattative, perché sembra difficile – per la maggioranza che governa Palazzo Chigi, ma anche per l’opposizione – trovare l’armonia necessaria.
In Toscana, il Campo Largo sta cercando un’intesa sul presidente uscente Eugenio Giani, nonostante i problemi posti dal M5s di Giuseppe Conte (“Questa giunta l’abbiamo contrastata, quindi di fronte allo stesso candidato, entrare in giunta è un sacrificio notevole, bisogna valutare e lo decideranno le condizioni”, ha detto il capo del M5s). Il centrodestra invece punta su Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia, di Fratelli d’Italia. Ma anche dalle parte della coalizione meloniana i problemi non mancano, visto che Tomasi vorrebbe presentare una lista civica regionale che non piace molto ai partiti tradizionali.
In Veneto, la discussione è sul post Luca Zaia: il presidente di Regione uscente non è più ricandidabile dopo aver fatto già tre mandati. La coalizione che lo sostiene vorrebbe fare a meno della sua potente lista civica (oltre il 44 per cento alle elezioni di cinque anni fa), ma lui insiste. D’altra parte è Zaia il valore aggiunto della destra in Veneto, Regione che peraltro potrebbe comunque rimanere nelle mani della Lega. Critiche alla Lista Zaia arrivano anche dal suo partito, oltre che dalla coalizione. Persino il potente assessore Roberto Marcato (11.657 preferenze alle Regionali di cinque anni fa, considerato un tempo uno zaiano di ferro), una lunga storia politica alle spalle, è contrario: “La Lista Zaia? Se fossi io il candidato presidente non la vorrei. Ne faccio un problema politico: abbiamo la necessità di fare un risultato importante come Lega a queste elezioni, se la Lista Zaia svuotasse la Lega saremmo in difficoltà”, ha detto ad Antenna3.
Nelle Marche, dove si voterà il 28 e 29 settembre, invece ci sono maggiori certezze, soprattutto dopo il via libera di Conte a Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro, europarlamentare del Pd, candidato del Campo Largo e indagato per corruzione in un’inchiesta che coinvolge altre 23 persone. Molto atteso era il giudizio politico del capo del M5s, partito notoriamente attento agli avvisi di garanzia al grido di “onestà-onestà-onestà” (tant’è che a Milano la richiesta di dimissioni di Beppe Sala è arrivata subito). La destra ricandida il presidente uscente Francesco Acquaroli, di Fratelli d’Italia, che in queste ore sta ricevendo la visita dei leader nazionali del centrodestra preoccupati di poter perdere la Regione che hanno governato fin qui.
In Campania il caos abbonda, soprattutto sul fronte del centrosinistra. Vincenzo De Luca, presidente uscente, non può essere più ricandidato ma è al centro – come Zaia in Veneto – di una lunga trattativa. Il Campo Largo vorrebbe candidare Roberto Fico, già presidente della Camera, esponente di punta del grillismo delle origini, un tempo attaccato da Matteo Renzi (“Fico viene beccato con un lavoratore in nero a casa sua. Se lui è il futuro della sinistra, allora la sinistra sta messa male”), che oggi invece lo benedice (come si cambia, cantava Fiorella Mannoia). Il punto è che De Luca sta portando avanti una sua personale trattativa, dai contorni politico-dinastici non sufficientemente chiari: prima sembrava aver dato l’ok all’operazione, poi ha attaccato – pur senza criticarlo – proprio Fico: “Per la Campania non ho ancora visto sulla scena nomi di persone adeguate per capacità, per esperienza e competenza, a ricoprire i ruoli per i quali vengono ipotizzati”. Le cronache politiche parlano di uno scambio fra De Luca e la segreteria nazionale che permetterebbe al presidente uscente di avere la leadership, via figlio Piero, del partito regionale. In questo modo De Luca darebbe il suo benestare (dopo essersi accordato direttamente con Conte per evitare attacchi sulla gestione politica dei suoi anni di governo regionale) alla candidatura di Fico.
C’è poi la questione della Calabria, fin qui non prevista. Roberto Occhiuto, recentemente indagato per corruzione, si è improvvisamente dimesso dalla presidenza annunciando la sua ricandidatura. Una mossa a sorpresa per il centrodestra, ma soprattutto per il Campo Largo, che ha idee differenti su chi presentare alle elezioni. Il Pd potrebbe puntare sul sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà o sul consigliere regionale Ernesto Alecci, mentre il partito di Conte potrebbe far scendere il campo le Vittoria Baldino o Anna Laura Orrico, entrambe deputate. Sarà insomma un Ferragosto turbolento. (Public Policy)
@davidallegranti