Fratelli d’Italia e il problema della classe dirigente

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Questa settimana riprendono i lavori parlamentari, ma l’attenzione della politica è ancora parzialmente assorbita dal caso Boccia-Sangiuliano, che si è risolto con le dimissioni del ministro della Cultura e con la nomina, al suo posto, di Alessandro Giuli. La maggioranza ha cercato di ridurre la vicenda a mera questione di gossip, ma il caso è e resta politico. I punti non ancora risolti (Maria Rosaria Boccia ha ricevuto informazioni sensibili sul G7 della Cultura in programma tra Napoli e Pompei dal 19 al 21 settembre? L’ex ministro Sangiuliano era diventato ricattabile per motivi non noti?) saranno approfonditi, ma per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia si apre un’altra questione e riguarda la selezione della classe dirigente e del personale politico della destra italiana. Finora tutto è stato giustificato con la retorica del complotto, con l’assalto di un non meglio precisato deep state che, in combutta con i media ostili, lotta contro l’Esecutivo. Ma Sangiuliano è stato scelto da Meloni, non da altri, quindi il rischio dell’autocomplotto è abbastanza elevato.

In più c’è la questione di Daniela Santanchè, che con due richieste di rinvio a giudizio – secondo i parametri non garantisti di un pezzo consistente dell’attuale maggioranza sarebbe già a rischio – potrebbe essere prossimamente costretta alle dimissioni. Non a rischio dimissioni – ma a rischio qualche interrogativo sì – il ministro delle Imprese Adolfo Urso, che con la querela e i 250/500 mila euro chiesti a Foglio e Riformista, colpevoli di averlo definito nei suoi articoli “Adolfo URSS” per le sue politiche dirigiste, non ha svolto un grande servizio alla libertà di stampa e d’espressione. Se ci aggiungiamo che Raffaele Fitto, attuale ministro per gli Affari europei, andrà in Europa come commissario al fianco di Ursula von der Leyen – vediamo effettivamente con quale delega e con quale ruolo – le domande sul futuro dell’Esecutivo aumentano. Fitto in questi anni ha dimostrato capacità negoziale in Europa; il suo successore sarà all’altezza?

C’è un enorme problema di classe politica in generale, figuriamoci dentro un partito che è passato dal 4 al 26% nel giro di tre anni”, ha detto lo storico Giovanni Orsina in un’intervista a Quotidiano Nazionale: “Il caso Sangiuliano e la scelta di Giuli come successore sono la testimonianza di quanto Meloni peschi sempre dallo stesso bacino, che è piccolo”. In un lago piccolo, ha detto ancora Orsina, “i pesci grossi finiscono presto. Se peschi nel mare hai più possibilità di scelta, per restare nella metafora. Meloni preferisce il lago piccolo perché vuole circondarsi di persone che conosce bene e di cui si fida. Naturalmente ci sono dei vantaggi. Però la storia prima o poi ti mette davanti a un problema grosso, e in quel momento scopri che non hai le risorse per affrontarlo. Non le auguro di arrivare a quel punto, dico solo che è statisticamente improbabile che non ci arrivi. Dovrebbe ampliare gli orizzonti, costruire un progetto politico ambizioso attorno al quale far crescere una classe dirigente pluralistica. Senza dimenticare il nucleo storico di FdI, ma ibridandolo. Ci sono spazi immensi oggi per un partito conservatore, anche in Europa”.

Era, peraltro, quello il progetto iniziale di Meloni fino a qualche tempo fa; prima di andare al governo, almeno. La costruzione di un autentico partito conservatore, che in Italia non è mai esistito. Ma come altre idee ambiziose, anche questa sembra essere frenata dalla realtà. Così come l’idea di realizzare una contro-egemonia culturale, vecchio progetto peraltro annunciato da Sangiuliano a colpi di mostre su Tolkien e occupazione dei posti chiave nei luoghi del potere della cultura. Ma, come ha osservato il politologo Marco Tarchi, questo “sicuramente non basta. Anzi, può alimentare l’errata convinzione che la proclamata azione contro-egemonica possa e debba essere condotta dall’alto, mentre dovrebbe avvenire il contrario: scuole di formazione che non siano passerelle di dirigenti ma luoghi di confronto con le idee altrui e di studio, convegni e tavole rotonde volti non a celebrarsi ma ad interrogarsi, iniziative di selezione e promozione di talenti intellettuali, borse di studio per laureandi o dottorandi senza marchio o simboli di partito… Insomma, fare decenni dopo quello che ha saputo fare con successo il Pci a suo tempo”. Non saranno settimane semplici, per Fratelli d’Italia. (Public Policy)

@davidallegranti