I bluff di Trump e le spaccature dentro il movimento MAGA

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Entro due settimane avrebbe preso una decisione sull’attacco all’Iran, aveva detto. Stava evidentemente bluffando, Donald Trump, per provare a cogliere l’avversario di sorpresa. Gli Stati Uniti dunque sono entrati in guerra al fianco di Israele nel tentativo di fermare il programma nucleare iraniano. Il presidente Usa lo ha definito uno “spettacolare successo militare”, ma la riuscita dell’operazione è ancora da verificare. Anzitutto, sono da verificare i danni prodotti dagli attacchi di Israele e Stati Uniti al programma nucleare iraniano. In più non sappiamo come l’Iran potrà reagire, quale sarà la risposta militare e quanti e quali saranno i Paesi colpiti nella rappresaglia.

La partecipazione degli statunitensi cambia, e non di poco, la qualità dell’intervento, perché, come ha affermato il ministro della Difesa Guido Crosetto, “si apre una crisi molto più ampia, la cui evoluzione desta forte preoccupazione. È ragionevole attendersi, da parte dell’Iran, una risposta molto più forte, che potrebbe non limitarsi al solo teatro regionale e coinvolgere obiettivi americani e interessi occidentali in aree sensibili del globo”.

I raid aerei condotti dagli Stati Uniti contro tre siti iraniani di arricchimento dell’uranio – localizzati nei pressi di Natanz, Arak e Fordow – “rappresentano un cambiamento radicale dello scenario strategico in Medio Oriente”. Pur non essendo coinvolta nell’azione militare, ha detto ancora Crosetto, “l’Italia condivide la necessità di impedire all’Iran di acquisire un’arma nucleare. Un simile sviluppo rappresenterebbe un punto di non ritorno, destabilizzando l’intero Medio Oriente e aggravando il quadro della sicurezza globale. La non proliferazione nucleare resta un pilastro essenziale dell’ordine internazionale. Qualsiasi tentativo di comprometterne i principi deve essere affrontato con lucidità, fermezza e coerenza, nel pieno rispetto del diritto internazionale”. L’Italia, ha invitato Elly Schlein, segretaria del Pd, rivolgendosi al Governo, “non partecipi ad azioni militari”.

La mossa trumpiana, che ha spiazzato anche gli avversari democratici, ha creato non pochi problemi all’interno del movimento MAGA, che si è diviso fra chi affermava che gli Stati Uniti avrebbero dovuto lasciare Benjamin Netanyahu al suo destino e chi no. Una frattura notevole, al punto tale che Tucker Carlson, uno degli opinionisti più influenti vicini al movimento trumpiano, contrario all’intervento statunitense in Iran, è stato apertamente sfottuto e attaccato dallo stesso Trump, nei giorni scorsi, prima dell’operazione militare. Carlson, ex anchorman di punta della Fox, da cui è stato cacciato, ha intervistato Ted Cruz, senatore repubblicano del Texas, sostenitore acceso dell’alleanza con Israele. Per Cruz “è nell’interesse dell’America vedere un cambio di regime in Iran”. Al che Carlson gli ha chiesto: “Quante persone vivono in Iran?”. Il senatore texano non ha saputo rispondere, dando l’occasione al giornalista conservatore di replicare così: “Sei un senatore che vuole rovesciare un Governo e non conosce nulla del Paese in questione”. E ancora: “Non sai nemmeno l’etnia o la composizione religiosa della popolazione iraniana”.

Anche Steve Bannon,  ex stratega di Trump durante il primo mandato, era contrario all’intervento statunitense. Bannon aveva avvertito Trump di non autorizzare un’azione militare contro l’Iran, spiegando che il coinvolgimento degli Stati Uniti in un’altra guerra in Medio Oriente “distruggerebbe il Paese”. “Il mio mantra in questo momento è: gli israeliani devono finire ciò che hanno iniziato. Hanno iniziato loro, loro devono finirlo”, ha detto Bannon. “Non possiamo farlo di nuovo. Distruggeremmo il Paese. Non possiamo avere un altro Iraq”. Le dichiarazioni di Bannon sono giunte mentre Trump stava valutando  la possibilità dell’attacco. “Potrei farlo. Potrei non farlo. Insomma, nessuno sa cosa farò”, aveva detto il presidente ai giornalisti alla Casa Bianca mercoledì della settimana scorsa. Poi abbiamo visto come è andata a finire.

“L’intervento di Bannon – ha scritto il Financial Timesha messo a nudo una feroce battaglia pubblica in corso tra i più accaniti sostenitori di Trump, con il suo movimento Maga diviso sul fatto che il presidente, che ha basato la sua campagna elettorale sul messaggio ‘America first’ e sulla fine delle cosiddette guerre infinite, debba o meno coinvolgere l’esercito statunitense in un altro conflitto all’estero”. Una delle prime – e non una delle ultime – contraddizioni interne al trumpismo. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc White House)