di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – La Liguria, dove già l’alleanza fra Pd e 5 stelle non aveva funzionato l’ultima volta, nel 2020, diventa il nuovo laboratorio del Campo largo in vista delle prossime elezioni regionali. Il partito di Giuseppe Conte ha appena annunciato che sosterrà Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia, Pd, rinunciando a presentare una candidatura autonoma. “Un passo avanti significativo”, dice la segretaria del Pd Elly Schlein, che da settimane si trova a gestire il “caso Renzi”.
Il leader di Italia viva vorrebbe tornare nel centrosinistra, lo ha detto più volte per tutta l’estate, su La Stampa, ha annunciato una possibile svolta: l’uscita dalla maggioranza di centrodestra a Genova, dove sostiene il sindaco Marco Bucci. Un modo per rispondere all’accusa dei vertici del Pd – ma anche di Conte – di tenere i piedi in troppe scarpe: “Spazziamo via le ambiguità: non intendiamo tenere i piedi in scarpe diverse e dunque siamo pronti a separare la nostra strada da quella del pur bravo Marco Bucci”, ha detto Renzi al quotidiano torinese. “Tanto bravo che, ricordo, Conte lo ha giustamente nominato commissario per la ricostruzione del ponte Morandi. Siamo pronti ad essere presenti in una lista riformista senza simboli di partito. E a sostenere la candidatura di Andrea Orlando, con cui ho posizioni diverse ma che ho comunque nominato ministro”.
Insomma, “se la linea la dà Elly Schlein, noi ci siamo. Se la linea la dà Conte, allora stiamo fuori. Ma la posta in gioco oggi non è su Italia viva quanto sulla leadership della coalizione. Il Pd ha aperto, noi ci siamo. Non siamo in coalizione perché ce l’ha ordinato il dottore, ma perché ce l’ha chiesto la segretaria del Pd”. Renzi insomma non vuole tornare da figliol prodigo, afferma, ma come alleato che ha le sue idee e non vuole cambiarle (per esempio sul Jobs act).
L’obiettivo è sconfiggere l’attuale maggioranza di governo, un proposito che non pare essere sufficiente per i potenziali alleati di centrosinistra. A cominciare da Conte, che già un mese fa aveva ribadito la sua netta contrarietà e che pochi giorni fa, parlando con l’Ansa, ha spiegato di non condividere l’idea di riportare in vita politica Renzi: “Anche io sono convinto che resuscitare Renzi, premiandolo dopo la disfatta elettorale europea e i suoi ripetuti fallimenti, sia una scelta che avrebbe un costo pesantissimo per la serietà e credibilità del progetto di alternativa a Meloni”. È “una scelta inaccettabile”, ha aggiunto Conte, “se vogliamo che il progetto politico progressista sia costruito nel segno, per noi imprescindibile, dell’etica pubblica e della lotta all’affarismo. Lasciare questo spazio a Renzi, incoronarlo così platealmente come credibile rappresentante di un polo moderato, è un grande harakiri”.
L’ostilità dunque sarebbe nei confronti di Renzi ma non di un altro leader moderato e riformista. È lo schema teorizzato da Goffredo Bettini, ex europarlamentare del Pd: una sorta di nuova Margherita che stia con Pd (sempre più spostato a sinistra secondo il ragionamento) e M5s. Il centro, moderato, non può però guidarlo Renzi, perché di lui non ci si può fidare, è il corollario di questa impostazione che vede i progressisti alla guida della coalizione. Come si vede i problemi non mancano in Liguria, dove Renzi punta a vedere le carte di Conte (vuole davvero costruire un’alleanza unitaria contro Meloni o per pregiudizio non vuole proprio avere a che fare con Italia viva anche se lascia la maggioranza di Genova?), ma anche sulla politica estera qualche questione c’è. Questioni che per la verità riguardano entrambe le coalizioni.
L’ultimo spunto arriva sull’Ucraina dopo il duello sull’uso libero o meno delle armi in Russia date dall’Europa all’Ucraina: “Dobbiamo rimuovere le restrizioni contro obiettivi militari russi affinché gli ucraini possano colpire dove la Russia li bombarda”, ha detto nei giorni scorsi l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ricevendo in risposta il no di Italia e Ungheria. Una cautela che Schlein non si sente di criticare: l’Ucraina “va sostenuta nella sua autodifesa, attenzione però a non fare atti che possono portare direttamente la Ue in conflitto con la Russia”. Conte, naturalmente, apprezza, Renzi no: “Se mandi le armi, e io ho votato a favore, è giusto che gli ucraini le usino. Non puoi dire: ti do le armi, ma non le usi”. Il futuro dell’opposizione, insomma, passa anche dalla linea Genova-Kiev. (Public Policy)
@davidallegranti