(Public Policy) – Roma, 19 dic – Via libera al decreto
sull’incandidabilità, con 11 osservazioni, da parte delle
commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia alla
Camera. Il testo entrerà in vigore dopo l’ultimo passaggio
in Consiglio dei ministri.
I RILIEVI DELLE COMMISSIONI
Secondo le commissioni, si legge nel parere, “il Governo
avrebbe dovuto procedere ad una elencazione tassativa dei
delitti ostativi alla candidabilità, ovvero individuare un
parametro dal quale sia desumibile l’incompatibilità con
l’esercizio delle funzioni pubbliche elettive”. La scelta
del Governo, si sottolinea, “comporta l’esclusione” di una
serie di delitti che, “ai sensi della delega, potrebbero
comunque esservi ricompresi”.
LE OSSERVAZIONI
Il Governo dovrebbe valutare l’opportunità di “chiarire che
l’accertamento d’ufficio della mancanza delle condizioni di
incandidabilità in capo ai soggetti inclusi nelle liste
elettorali è un atto comunque dovuto da parte dell’ufficio
competente, sopprimendo conseguentemente il riferimento agli
atti e documenti di cui gli uffici competenti vengano
comunque in possesso” (riguarda gli articoli 2, comma 2; 5,
comma 2; 9, comma 2 e 12, comma 2).
Per quanto riguarda i ricorsi “contro le dichiarazioni di
mancata proclamazione”, le commissioni chiedono al Governo
di prevederne la possibilità anche “in caso di
incandidabilità sopravvenuta o accertata successivamente” al
primo accertamento.
In caso di accertamento nella fase di convalida degli
eletti, poi, le commissioni chiedono al Governo di prevedere
che la Camera interessata proceda “nelle forme previste dai
propri regolamenti interni”.
All’articolo 5, comma 3, che riguarda gli eletti al
Parlamento europeo, si chiede di “prevedere la possibilità
di ricorso anche avverso la dichiarazione di decandenza di
membro” dell’Europarlamento.
I e II commissione chiedono
inoltre di coordinare l’articolo 9 comma 1 (che prevede che
il candidato, oltre alla documentazione prevista da una
legge del 1968 – la n.108 – renda una dichiarazione
sostitutiva attestante l’insussistenza di cause di
incandidabilità) con l’articolo 9 della stessa legge del
’68, in quanto in caso di inosservanza le due previsioni
“sembrano comportare conseguenze penali diverse”.
Altro articoli da coordinare – sempre perchè comportano
conseguenze diverse – sono il 12, comma 1 (che prevede che
il candidato “oltre alla documentazione prevista da altre
disposizione normative renda una dichiarazione sostitutiva
attestante l’insussistenza di cause di incandidabilità”) con
gli articoli 28 e 32 del Dpr 570 del 1960 (ovvero il Testo
unico delle leggi per la composizione e la elezione degli
organi delle Amministrazioni comunali).
Nell’articolo 13 comma 3 (sulla durata
dell’incandidabilità) invece, vanno – sempre secondo quanto
‘consigliano’ le commissioni – sostituite le parole “nel
caso in cui il delitto” con “nel caso in cui dalla sentenza
risulti che il delitto”. Ovvero l’articolo ritoccato
reciterebbe così: “Nel caso in cui dalla sentenza risulti
che il delitto che determina l’incandidabilità o il divieto
di assumere incarichi di governo è commesso con abuso dei
poteri o in violazione dei doveri connessi al mandato
elettivo, di parlamentare nazionale o europeo, o
all’incarico di governo, la durata dell’incandidabilità o
del divieto è aumentata di un terzo”.
Infine, le commissioni chiedono al Governo di precisare –
all’articolo 16 comma 2 – che le disposizioni che si
applicano anche all’incandidabilità, “non derivanti da
sentenze penali di condanna” e disciplinate da un decreto
legislativo del 2000 (il 267) in materia di dissesto
finanziario e di scioglimento dei consigli per infiltrazioni
mafiose, siano “esclusivamente quelle previste per
l’accertamento della incandidabilità in fase di ammissione
delle candidature, per la mancata proclamazione, per i
ricorsi e per il procedimento di dichiarazione in caso di
incandidabilità sopravvenuta”.
I PUNTI PRINCIPALI DEL DECRETO DEL GOVERNO
– Incandidabilità alle cariche di deputato, senatore e
membro del Parlamento europeo. Il decreto prevede
l’incandidabilità al Parlamento italiano ed europeo per le
seguenti categorie: di coloro che hanno riportato condanne
definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i
delitti, consumati o tentati, di maggiore allarme sociale
(ad esempio mafia, terrorismo, tratta di persone). Coloro
che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2
anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati,
contro la Pa (ad esempio corruzione, concussione,
peculato).
Coloro che hanno riportato condanne definitive a pene
superiori a 2 anni reclusione per delitti non colposi,
consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della
reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni.
– Accertamento incandidabilità sopravvenuta: il decreto
prevede che l’accertamento d’ufficio della condizione di
incandidabilità comporta la cancellazione dalle liste. Nel
caso in cui la condanna definitiva per uno dei delitti
‘ostativi’ sopravvenga nel corso del mandato elettivo, le
Camere deliberano ai sensi dell’articolo 66 della
Costituzione.
– Cause ostative all’assunzione e allo svolgimento di
incarichi di Governo o Parlamento: le condizioni che
determinano l’incandidabilità alla carica di deputato o
senatore si applicano anche per l’assunzione e lo
svolgimento delle cariche di Governo. Se la sentenza di
condanna diventa definitiva durante il mandato, anche in
questo caso si determina la decadenza dall’incarico.
– Durata dell’incandidabilità: l’incandidabilità alla
carica di senatore, deputato o parlamentare europeo ha
effetto per un periodo corrispondente al doppio della durata
della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai
pubblici uffici. Anche in assenza della pena accessoria,
l’incandidabilità non è inferiore a sei anni. Altrettanto
vale per gli incarichi di Governo nazionale. In tutti i
casi, se il delitto è stato commesso con abuso dei poteri o
in violazione dei doveri connessi al mandato, la durata
dell’incandidabilità o del divieto di incarichi di Governo è
aumentata di un terzo.
– Incandidabilità in caso di patteggiamento: le norme
sull’incandidabilità valgono anche quando la sentenza
definitiva dispone l’applicazione della pena su richiesta
(patteggiamento), ma in nessun caso l’incandidabilità può
essere determinata da un patteggiamento intervenuto prima
dell’entrata in vigore della nuova disciplina. La sentenza
di riabilitazione è l’unica causa di estinzione anticipata
sull’incandidabilità e ne comporta la cessazione per il
periodo di tempo residuo.
– Incandidabilità alle cariche elettive regionali e a
quelle negli enti locali: il decreto reca anche norme
sull’incandidabilità degli amministratori regionali e
locali, già disciplinata nel nostro ordinamento, provvedendo
ad armonizzarne il contenuto con la nuova regolamentazione
dell’istituto. (Public Policy)
GAV