INFRASTRUTTURE, MERLO (ASSOPORTI): CI VUOLE PIÙ AUTONOMIA

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porti

(Public Policy) – Roma, 6 Feb – La riforma dei porti è ferma
in Parlamento ma sarà comunque uno dei temi centrali della prossima
legislatura, a prescindere da chi uscirà vincitore dalle urne.
Il Pd ha organizzato oggi a Roma un convegno sul tema “La forza del mare”.
Erano presenti tutti i maggiori protagonisti del settore.

MERLO (ASSOPORTI): CI VUOLE PIÙ AUTONOMIA
“La nostra è una crisi di modello, non di redditività”.
Luigi Merlo, presidente di Assoporti da luglio dello scorso anno,
ha chiari i problemi del settore.

“Ci vuole un diverso approccio – dice a Public Policy – dal
prossimo Governo ci aspettiamo tre cose: una riduzione delle
accise per i terminalisti; vera autonomia; e un programma
serio, che indichi le priorità d’investimento”.
Perchè parla di “vera” autonomia?

“Perchè finora abbiamo visto estendersi solo una logica
burocratica: risorse fondamentali, 13 miliardi di euro, se
ne vanno tra Iva e accise varie. L’autonomia è
fondamentale”.

MAURI (PD): LA CRISI È DI SISTEMA
In Italia, per quanto riguarda i porti, l’ultimo miglio
diventa lungo quanto un’ultima maratona. Parole di Matteo Mauri,
responsabile Trasporti del Pd.
“È una crisi – aggiunge – che parte da lontano: abbiamo un
problema di tempi, affidabilità e semplicità delle
procedure. Partendo dalle infrastrutture logistiche, dove
ritardi e inefficienze sono all’ordine del giorno”.
Cosa fare, allora: per Mauri “la riproposizione da parte
del Governo tecnico dell’autonomia finanziaria dei porti è
stata giusta ma la sua applicazione timida. Inerzia e
ritardi hanno poi impedito di approvare la riforna del
sistema portuale”.

Il Pd “non é contrario alla riduzione delle autorità, si
deve semplificare accorpando e mettendo i porti in
condizione di essere competitivi”. Partendo, dice Mauri, dai
“retroporti, agevolando gli interventi pubblico-privati e
rimodulando gli investimenti programmati, permettendo alle
autorità di accedere al Fondo strategico italiano della
Cdp”. E ancora: “Esenzione dal pagamento delle accise
carburante; ripristino degli incentivi stile ecobonus sulle
tratte strada-mare; e infine la creazione di una figura
governativa ad hoc che si occupi delle politiche del mare”.
Stessa richiesta, quest’ultima, da parte di Paolo D’Amico,
presidente di Confitarma (armatori), intervenuto poco dopo
Mauri.

FILIPPI (PD): CI VUOLE MAGGIORE INTRAPRENDENZA PRIVATA
“Bisogna chiudere la stagione della legge 84/94 (Riordino della
legislazione in materia portuale; Ndr), perchè c’è la necessità
di recuperare competitività e credo sia necessario iniziare a
specializzare i nostri scali”. Lo dice Marco Filippi,
capogruppo Pd in commissione Ambiente, territorio e lavori
pubblici al Senato.

Per Filippi bisogna “integrare i porti, aggredire il
sistema del regime doganale e avviare una riflessione sulla
natura giuridica dell’autorità portuale, con una maggiore
intraprendenza dei privati. C’è da chiudere – per il
senatore Pd – la stagione infausta della legge obiettivo e
ripartire dal Piano generale trasporti e logistica del
2001”.

ERCOLANI (CGIL): FARE CHIAREZZA SUI RAPPORTI TRA PUBBLICO E PRIVATO
Bisogna andare avanti con la riforma del sistema portuale,
ma facendo chiarezza sul rapporto tra pubblico e privato.
Lo dice Massimo Ercolani, responsabile Porti Filt-Cgil.

“Non è solo un problema di nomine, ma a monte, sul ruolo
delle autorità portuali: spero troveremo presto un ministro
con cui confrontarci”, aggiunge il sindacalista. “Dobbiamo –
dice ancora – superare una dimensione strettamente portuale,
integrando il tutto e pensando anche a un ruolo diverso del
lavoro all’interno di un sistema di governo logistico”.

Secondo Ercolani si è creata in Italia “una forma di
concorrenza distruttiva, non sana: abbiamo 3-4 aziende per
stiva, è assurdo. Il porto deve essere basato su un modello
a due: impresa fornitrice di lavoro e impresa terminalista”.
(Public Policy)

GAV