LATTUADA (CGIL): PER PRODUTTIVITÀ IMPRESE PIÙ GRANDI E INNOVAZIONE

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(Public Policy) – Roma, 19 ott – (di Gaetano Veninata)
Bloccato, per il momento, il tavolo sulla produttività, per
i sindacati sarà un weekend di attesa, aspettando le mosse
di Confindustria, Abi, Rete Imprese Italia e Alleanza delle
cooperative. Uno stop dovuto all’incapacità del sistema
delle imprese di produrre un documento comune da portare
all’attenzione del Governo. Elena Lattuada, segretario
confederale della Cgil, resta in attesa di capire quando, e
come, si riaprirà il confronto.

D. PERCHÈ QUESTO STOP?
R. Giovedì siamo andati a un incontro con Abi, Rete Imprese
Italia, Alleanza cooperative (non c’era Confindustria; ndr)
e ci hanno detto che avevano bisogno di riannodare dei fili
al loro interno. Non è certo imputabile a una volontà delle
organizzazioni sindacali.

D. CONCORDANO ANCHE CISL E UIL?
R. Sul fatto che ci sia stato uno stop, riterrei di sì. Poi
non le nascondo che questo è un negoziato complicato, non
solo per la spaccatura sul fronte delle imprese, ma perchè i
temi che stanno dentro il confronto sono complessi, per cui
si misurano anche posizioni diverse tra le organizzazioni
sindacali.

D. VENIAMO AL TEMA. IL MINISTRO GRILLI HA PARLATO DI
DEFISCALIZZARE QUELLA PARTE DI SALARIO CHE PUÒ ESSERE
CORRELATA CON LA PRODUTTIVITÀ.
R. Noi oggi abbiamo un sistema che prevede un contratto
collettivo nazionale di lavoro che ha come primo scopo
quello di difendere il potere d’acquisto dei salari. Ciò è
legato agli andamenti dell’inflazione, e bisogna ricordarsi
che anche su questo c’è un accordo del 2009 (sulla riforma
del modello contrattuale, laddove scompare l’inflazione
programmata, sostituita dall’indice dei prezzi al consumo
armonizzato; ndr) che la Cgil non ha sottoscritto e non
intende sottoscrivere.

Dopodichè, per quel che ci
riguarda, noi non siamo a priori indisponibili a discutere
di salario legato alla produttività, che significa
immaginarsi anche una valorizzazione e uno sviluppo del
secondo livello. Ma la condizione che dev’essere chiara è
che questo non può andare a scapito del mantenimento del
potere d’acquisto delle retribuzioni date dal contratto
nazionale.

D. QUALI SONO GLI OSTACOLI ALLA PRODUTTIVITÀ IN ITALIA?
R. Noi riteniamo che le ragioni non siano imputabili allo
sfruttamento del lavoro, intendendo con questo, ad esempio,
il tema del lavorare di più. Molto è invece imputabile alla
tipologia d’impresa che abbiamo in Italia, piccole imprese,
un sistema che ha qualche complicazione a competere sul
mercato internazionale.

Poi c’è un problema di innovazione,
nel senso che anche in ragione dell’assetto produttivo del
nostro Paese, è evidente che c’è qualche elemento di
difficoltà. Infine, ci può essere anche un modello di
organizzazione da migliorare, che però dovrebbe essere
sviluppato nell’ambito di un confronto a livello aziendale.

Il nodo vero è che in Italia la contrattazione aziendale è
svolta ormai da meno del 30% del sistema delle imprese. E
quindi anche per questo la Cgil dice che c’è il nodo di
difendere il potere d’acquisto. Immaginare che la
contrattazione di secondo livello possa garantire un
elemento di generalizzazione e di protezione delle
retribuzioni, è, guardando i dati di oggi, ma anche quelli
di domani, sbagliato.

D. COSTI DEL LAVORO E PRODUTTIVITÀ. QUAL È IL RAPPORTO?
R. Abbassare il costo del lavoro significa ragionare di
cuneo, cioè di come si favorisce e si riduce la forbice tra
costo del lavoro e reali retribuzioni. Una cosa che
ovviamente riguarda i lavoratori e il sistema delle imprese.
Devo dire che la legge di stabilità non ha favorito questa
ipotesi.

D. NELLA MANOVRA DEL GOVERNO, ALLA PRODUTTIVITÀ SONO
DESTINATI 1,6 MLD.
R. Sì, ma noi siamo in presenza di una quota rilevante di
risorse messe a disposizione con un meccanismo per cui una
grossa quota viene messa nel 2013 e si riduce nel 2014
significativamente. Ma non è uno sgravio sulla produttività
di tipo strutturale, siamo di fronte a un provvedimento che
pur mettendoci risorse ha un arco temporale di due anni.
Allora cambiare, come qualcuno pare suggerire, la modalità
con cui si costruisce l’impianto di salvaguardia delle
retribuzioni, in ragione di queste risorse, pare quanto meno
singolare. (Public Policy)

GAV