di Paolo Martone
ROMA (Public Policy) – Esame superato per Paolo Gentiloni, che giovedì scorso ha ricevuto il parere favorevole della commissione ‘Econ’ del Parlamento europeo sulla nomina a commissario Ue per gli Affari economici. L’ex premier, esaminato per circa 3 ore dagli eurodeputati con una lunga serie di domande – procedura standard in questi casi – alla fine ha ottenuto un ampio consenso. Placet che, con l’audizione ancora in corso, non sembrava così scontato quando il capogruppo Ppe in commissione, il tedesco Markus Ferber, ha twittato: “Per due ore Paolo Gentiloni non ha risposto a nessuna domanda. E’ davvero un politico, ma questo non basta per diventare commissario”. Una stroncatura in piena regola, ma solo dopo si è capito che l’eurodeputato bavarese parlava esclusivamente a titolo personale. “È chiaro che Paolo Gentiloni è un politico esperto. Anche se ci dispiace per la vaghezza delle sue risposte, possiamo approvarlo, tutto considerato” ha detto dopo correggendo decisamente il tiro.
Analizzando l’audizione, Gentiloni su alcuni temi più che “non rispondere” è sembrato non volersi sbilanciare. Non sono mancati i tentativi da parte dei deputati di costringere il candidato a commentare le scelte del Governo italiano riguardo alla NaDef: “Non è ancora una proposta di bilancio” ha risposto Gentiloni. E sull’ipotesi che la manovra italiana possa vedere un aumento del deficit nominale e strutturale, l’ex premier ha spiegato che “nel Patto di stabilità è prevista una flessibilità, che non è una concessione all’uno o all’altro Paese: è qualcosa che è previsto dalle regole. Non voglio commentare qui il progetto di bilancio dell’Italia, che peraltro ufficialmente ancora non c’è. A quel progetto riserverò esattamente la stessa attenzione e la stessa disponibilità al dialogo, e lo esaminerò con la stessa serietà e rispetto delle regole con cui esaminerò quelli degli altri”.
“Voglio essere chiarissimo: non sono e non sarò il rappresentante di un unico Governo in seno alla Commissione” ci ha tenuto a sottolineare. Più in generale, Gentiloni ha affermato che “ambizione e condivisione” saranno la sintesi del senso di marcia che intenderà imboccare da commissario, aggiungendo che in Europa “ovunque si manifesta la contraddizione tra la crescita economica e la sua insufficiente sostenibilità sociale e ambientale”. “Consentirò flessibilità nell’ambito delle regole quando sarà necessario” e “mi concentrerò anche sulla riduzione del debito” ha annunciato in merito al suo portafoglio. “Il Patto di stabilità non è perfetto, e la revisione del ‘six pack’ e del ‘two pack’ mi daranno l’occasione di riflettere sul modo migliore di andare avanti”.
Patto che però “non può diventare una specie di carciofo in cui si tolgono mano a mano i diversi elementi stabilendo esenzioni in troppi campi. Bisogna individuare le priorità. Dobbiamo ragionare su modifiche legislative al Patto. Se invece staremo solo su una più chiara interpretazione, molti obiettivi saranno semplicemente irrealistici”. Sempre sul Patto di stabilità, Gentiloni ha sottolineato che “se guardiamo agli ultimi anni, è stato utile ad evitare ulteriori crisi maggiori, è stato utile a ridurre i deficit ma non è riuscito a ridurre in modo sufficiente l’indebitamento, e soprattutto non è riuscito a facilitare crescita, investimenti e riforme strutturali. Ed è per questo che la revisione in corso deve porsi questi obiettivi”.
In Europa a livello economico “c’è un rallentamento serio, e potrebbe durare più dei 6-12 mesi previsti. Comunque, non possiamo fare affidamento solo sulla politica monetaria”. E riguardo allo scorporo degli investimenti dal calcolo del deficit (tema molto caro proprio all’Italia), la cosiddetta ‘golden rule’, Gentiloni ha detto che “già oggi il dialogo con i singoli Governi prevede l’applicazione di maggiori margini di flessibilità”, ma che in ogni caso si tratta di “una cosa molto seria di cui discutere nei prossimi mesi”. “Molto spesso la difficoltà di promuovere investimenti pubblici non è direttamente legata al funzionamento delle regole europee” ha detto il commissario designato, aggiungendo che “le riforme strutturali sono l’unico modo per realizzare, a medio termine, crescita e prosperità economica. Se le regole devono essere modificate, la priorità verrà sempre assegnata alle riforme strutturali”.
Tra gli altri temi indicati, anche uno schema europeo di assicurazione contro la disoccupazione, l’armonizzazione fiscale per le imprese per combattere la concorrenza fiscale tra gli Stati, la web tax e la border carbon tax. La presidente della Econ, Irene Tinagli (Pd), ha raccontato che per dare parere favorevole all’esponente italiano “non c’è stato bisogno di un voto, c’è stato un consenso molto ampio”. Tinagli ha specificato che solo “due piccoli gruppi”, ovvero la sinistra del Gue e i sovranisti di Identità e democrazia (di cui fa parte la Lega), hanno espresso la loro contrarietà, “ma ce lo aspettavamo”.
A parte Gentiloni, la settimana di audizioni di conferma non ha fatto mancare sorprese. Prima di tutto, delle 21 in programma se ne sono tenute in realtà 19, in quanto due candidati – Laszlo Trocsanyi (ungherese, designato commissario per il Vicinato e l’allargamento), e Rovana Plumb (rumena, designata commissaria ai Trasporti) – sono stati ritenuti “inadatti” dalla commissione Giuridica (‘Juri’) del Parlamento per “conflitti di interesse” rispetto alle deleghe. Il portavoce dell’Eurocamera, Jaume Duch, ha scritto su Twitter che i due commissari sono “inidonei a esercitare le proprie funzioni in base ai Trattati e al Codice di condotta”. Una bocciatura preventiva, che ha fatto quindi saltare le audizioni programmate.
Plumb, esponente dei Socialisti europei ed ex ministra per i Fondi Ue, è accusata di aver spinto il Governo ad una scelta favorevole verso una società ritenuta vicina all’ex leader del suo partito, Liviu Dragnea. Mentre a Trocsanyi, ex ministro della Giustizia di Viktor Orban, viene imputato di aver conservato interessi nel suo studio legale e di essere nel mirino dei vertici europei per un pacchetto di riforme approvate da Budapest e giudicate lesive dello Stato di diritto Ue. Uno smacco per Ursula Von der Leyen, a cui spetta la responsabilità di averli scelti: adesso sarà politicamente costretta ad un cambio in corsa, anche se la bocciatura della Juri non è vincolante.
Tuttavia, mantenere in squadra due commissari preventivamente rifiutati dal Parlamento esporrebbe l’intera Commissione a grossi rischi nel voto finale di conferma. Von der Leyen si è attivata per sostituirli, e Il Governo Orban ha già indicato un nuovo nome (Oliver Verhelyi, rappresentante permanente d’Ungheria presso l’Ue), ma non ha certo nascosto il malumore. “Il vero crimine di Trocsanyi è che ha contribuito a proteggere l’Ungheria dalle migrazioni” ha detto il portavoce dell’Esecutivo magiaro. Oltre ai bocciati, ci sono anche i rimandati: la francese Sylvie Goulard (Liberale), designata all’Industria e al mercato interno, il polacco Janusz Wojciechowski (Conservatore), scelto per l’Agricoltura, e la svedese Ylva Johansson (Socialista), candidata agli Affari interni. Tutti e tre non hanno convinto le commissioni competenti, e sono stati chiamati a riferire di nuovo.
Questa settimana sono in programma diverse audizioni clou: lunedì è toccato a Vera Jourova (ceca, Liberale), designata vicepresidente e commissaria a Valori e trasparenza, e a Josep Borell (spagnolo, Socialista), indicato come vicepresidente e Alto rappresentante Ue per gli Esteri; martedì è stato invece il turno di Valdis Dombrovskis (lettone, Popolare), designato vicepresidente esecutivo e commissario per la Stabilità e i servizi finanziari, di Margrethe Vestager (danese, Liberale), candidata vicepresidente esecutiva e commissaria alla Concorrenza, e di Frans Timmermans (olandese, Socialista), indicato come vicepresidente esecutivo e responsabile delle attività per il Green deal europeo e della politica di Azione per il clima. Il cerchio si deve chiudere – considerando anche le audizioni bis e quelle dei neodesignati – entro il 23 ottobre, quando l’intera Commissione dovrà ottenere l’approvazione della plenaria. Una volta che sarà eletto dal Parlamento, il nuovo Esecutivo Ue dovrà essere formalmente nominato dal Consiglio europeo – che delibererà a maggioranza qualificata – per poi entrare ufficialmente in carica il 1° novembre. (Public Policy)
@PaoloMartone