Libero brindisi analcolico, in libero Stato

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ROMA (Public Policy) – (di Luigi Ceffalo*) Le vestali del paternalismo di stato hanno provato nuovamente a modificare d’imperio i nostri stili di vita, ma per fortuna non ci sono riuscite: a distanza di meno di un anno dal precedente tentativo, la proposta di imporre legislativamente una modifica delle nostre abitudini alimentari quanto a consumo di bevande analcoliche è stata sventata. La notizia è dell’altro ieri.

Dopo che l’incremento dal 12% al 20% del contenuto minimo di succo di frutta a base delle bibite disposto dal decreto Balduzzi si è infranto la scorsa estate sul mancato esito positivo della procedura di notifica alla Commissione europea, la proposta analoga avanzata recentemente dai deputati Pd Nicodemo Oliverio e Michele Anzaldi tramite la presentazione di un emendamento alla legge europea 2014 è stata da ultimo bocciata dal Parlamento.

Ovviamente, c’è già chi – più o meno disinteressatamente – ha gridato allo scandalo, insinuando improprie pressioni sui parlamentari da parte di non meglio precisate oscure lobby che tramano contro la nostra salute per mietere profitti grazie ai nostri deprecabili peccati di gola. In realtà, scandalo avrebbe dovuto piuttosto destarlo un esito diverso del voto. Come abbiamo già avuto modo di sostenere in un nostro paper cui ci si permette di rimandare per un’analisi maggiormente dettagliata, una siffatta misura, oltre a costituire un’ingiustificata intrusione pubblica nei gusti personali degli individui, avrebbe determinato significativi effetti distorsivi derivanti da una limitazione forzata della gamma di prodotti offerti sul mercato delle bibite analcoliche.

A fronte di benefici perlomeno discutibili per la salute dei consumatori, infatti, si avrebbero avuti danni certi per tutti gli operatori del settore operanti in Italia. Sia per i produttori di bibite, che si sarebbero travati a doversi fare carico di nuovi consistenti costi industriali e commerciali legati alla modifica delle proprie miscele; sia per i produttori di frutta, i quali – checché ne dicano le associazioni degli agricoltori – avrebbero visto i propri fatturati calare a favore dei concorrenti stranieri; sia per la distribuzione, che avrebbe subito i contraccolpi dei decrementi del volume di affari delle precedenti categorie.

Senza contare poi che, considerazione niente affatto trascurabile, e peraltro circostanza di fatto alla base del niet del governo, la misura legislativa in questione avrebbe verosimilmente comportato anche l’apertura dell’ennesima procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per violazione dei trattati comunitari che vietano agli Stati aderenti di introdurre cd “regole tecniche” atte a limitare la libera circolazione delle merci. Non resta che festeggiare, allora. Magari con un bel brindisi frizzante aromatizzato alla frutta. (Public Policy)

*fellow dell’Istituto Bruno Leoni

(pubblicato su LeoniBlog)