Gli italiani non vogliono abbandonare l’Ue ma sono tutt’altro che euro-entusiasti: pensano che durante la pandemia Bruxelles non ci abbia aiutato abbastanza. E sull’equilibrio tra “riapertura dell’economia” e “tutela della salute” ora si dividono spesso tra garantiti e non. Public Policy ospita l’analisi fatta su LUISS Open dal politologo dell’Università LUISS Roberto D’Alimonte, che illustra i risultati di un sondaggio d’opinione CISE-Winpoll.
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di Roberto D’Alimonte
ROMA (Public Policy) – All’indomani della proposta di Recovery Fund lanciata dalla Commissione europea, cioè del maxi piano da 750 miliardi di euro di aiuti di Bruxelles agli Stati membri che è stato già approfondito su LUISS Open, cosa pensano gli italiani dell’Unione europea? È molto cambiata la loro attitudine verso l’Ue? In un sondaggio appena elaborato con Winpoll e commissionato dal CISE, Centro italiano studi elettorali, abbiamo chiesto se “in questo momento le istituzioni della Ue (ad esempio Commissione europea, Parlamento europeo, Banca centrale europea) nel complesso stanno aiutando il nostro Paese”. Solo una minoranza degli italiani risponde che l’Ue ci sta aiutando “molto” (9%) o “abbastanza” (22%); per la maggioranza la risposta è “poco” (36%) o “per nulla” (33%). Per quanto riguarda la distribuzione partitica di queste risposte, si noti che solo tra chi dice di votare Pd la maggioranza (71%) risponde “molto” o “abbastanza”.
Un bene o un male che l’Italia appartenga all’Ue?
Agli stessi intervistati abbiamo chiesto se per l’Italia sia un fatto positivo o no far parte dell’Unione europea. Ecco cosa ci hanno detto: solo per il 39% degli italiani è “un fatto positivo” che il nostro Paese faccia parte dell’Unione. Il 40% di loro pensa sia “un fatto negativo” e il 21% risponde: “Né positivo, né negativo”. Sono risposte, sottolineo, raccolte all’indomani della presentazione del piano di aiuti senza precedenti proposto dalla Commissione Ue e fondato sull’intesa raggiunta tra Francia e Germania qualche settimana prima.
Alla luce di ciò abbiamo chiesto anche se, dopo questa crisi, l’Italia dovrebbe uscire o meno dall’Unione europea. Per il 56% degli italiani il Paese deve “continuare a far parte dell’Unione europea”. Per il 44%, invece, il Paese dovrebbe “uscire dall’Unione europea”. Dunque una maggioranza, certo non schiacciante, è a favore di una continuazione del processo di integrazione comunitaria. Ma questa percentuale èal momento una delle più basse in Europa.
Gli elettori di Lega e FdI i più euroscettici. Quelli pentastellati si avvicinano ai dem
È interessante analizzare le risposte anche sulla base della vicinanza degli intervistati ai diversi partiti politici. Emergono almeno due elementi di rilievo. Innanzitutto sia gli elettori della Lega sia quelli di Fratelli d’Italia si dicono, in netta maggioranza, a favore di una uscita dell’Italia dall’Unione europea. Ciò vuol dire che, di fronte a difficoltà economiche prolungate per il Paese nel prossimo autunno, e nel caso di ritardi o di scarsa efficacia degli aiuti europei, o di eccessive e stringenti condizionalità legate agli stessi aiuti, potrebbero essere questi due partiti a beneficiare maggiormente di un diffuso euroscetticismo. E se consideriamo che l’elettorato italiano è oggi tra i meno convinti dei benefici che discendono dall’appartenere all’Ue, tutto questo potrebbe aprire scenari inediti.
Il secondo elemento di interesse è che la maggioranza degli elettori del Movimento 5 stelle (il 69%) si dice favorevole a rimanere nell’Unione europea. Su questo argomento, dunque, si conferma che da mesi è in corso un avvicinamento tra gli elettori rimasti fedeli al Movimento 5 stelle e gli elettori del Partito democratico, cioè le due principali forze che sostengono l’attuale esecutivo guidato da Giuseppe Conte. L’esperienza di Governo avvicina quindi gli elettorati di M5s e Pd su alcuni temi, ma da qui a parlare di “alleanza organica”, per il momento, ce ne passa. Però, uno sviluppo del genere, associato ad una eventuale crescente disaffezione nei confronti della Ue, potrebbe delineare uno scenario in cui la dimensione europea diventa la linea di divisione più saliente della politica italiana.
La riapertura dell’economia è più importante della tutela della salute
Per l’evoluzione futura dell’atteggiamento nei confronti dell’Unione europea sarà decisivo osservare l’andamento dell’economia e dell’occupazione nel nostro Paese nei prossimi mesi. Su questo fronte abbiamo provato a capire che valore attribuiscono gli Italiani alla tutela della economia e alla tutela della salute, in particolare in questa fase di progressiva uscita dal “lockdown”. Per la maggioranza degli italiani, la riapertura dell’economia è diventata più importante della tutela della salute. Lo pensa il 54% degli intervistati. Come ho scritto sul Sole 24 Ore, non è una maggioranza così schiacciante ma un mese fa non era così. Su questo punto esistono differenze significative in base allo status occupazionale. Il 60% o più di percettori di redditi incerti (lavoratori autonomi, precari, disoccupati, studenti) è più preoccupato per le conseguenze economiche della crisi. Chi ha un reddito più o meno sicuro, soprattutto i lavoratori a tempo indeterminato, tende a dare più peso alla tutela della salute. È interessante che i pensionati siano più vicini ai primi che ai secondi. Ancora più interessante è la distribuzione partitica delle risposte. Stavolta le differenze non passano tra gli schieramenti ma al loro interno. Infatti gli elettori del Pd e della Lega hanno posizione simile e nettamente più “aperturista” di quelli del M5s e FdI. Ciò potrebbe dipendere in parte – ma è solo una ipotesi che merita di essere approfondita con ulteriori indagini demoscopiche – dalla distribuzione degli elettori dei diversi partiti tra Nord e Sud del Paese.
@profdalimonte