ROMA (Public Policy) – Oggi, a Parigi, all’Università di Sciences Po, si stanno riunendo studiosi francesi e italiani per commentare le elezioni politiche italiane di domenica scorsa. Su LUISS Open, research magazine dell’Università LUISS ospitato anche su Public Policy, gli storici Marc Lazar e Giovanni Orsina hanno anticipato alcune delle loro riflessioni.
Per Orsina, “nell’antipolitica, l’Italia si conferma davanti a tutti i Paesi occidentali. Siamo il Paese più avanzato in materia, il primo in cui tutto il panorama politico tende a riassestarsi attorno all’antipolitica – continua lo storico – D’altronde da noi la crisi della democrazia contemporanea si è manifestata per prima, già all’inizio degli anni ‘90 con la fine della Prima Repubblica, alla quale è seguito un assetto innovativo come quello incarnato da Silvio Berlusconi, cui l’antipolitica non era estranea. Tuttavia, se la sfida populista col tempo non viene riassorbita, essa alla fine esplode. Per questa ragione, già prima del 4 marzo, parlavo di ‘elezioni di transizione’”.
Una transizione di cui è difficile descrivere nel dettaglio l’esito finale, ma di cui intanto è piuttosto chiara la fase nascente: “Nell’ipotesi che Forza Italia avesse preso il 17%, con la Lega al 14%, dunque a parti invertite rispetto a oggi nella coalizione di centrodestra, sarebbe davvero cambiato qualcosa per le prospettive future del partito di Berlusconi? Cosa ci si sarebbe potuti attendere da un partito guidato ancora da Berlusconi all’età di 81 anni? Un discorso simile vale per il Partito democratico: la sua crisi era già conclamata nel 2013, Matteo Renzi ha soltanto ritardato la deflagrazione. Dunque, la transizione italiana prende il via perché sono entrati in crisi i due pilastri della Seconda Repubblica: Berlusconi e i post comunisti. Diciamo che gli elettori italiani hanno solo affrettato i tempi della loro fine”.
Sugli scenari futuri, Orsina è cauto, avverte che la Politica segue, sì, logiche che possiamo tracciare “sulla carta”, ma che poi “la Storia aggiunge creatività”: “Visti i numeri in Parlamento, né il centrodestra a trazione leghista né il Movimento 5 Stelle hanno una maggioranza sufficiente a sostenere un Governo. Dunque, o il Partito democratico cede e corre a sostegno del centrodestra, oppure cede e corre a sostegno dei grillini. Oppure, terza e ultima ipotesi, si torna al voto in tempi piuttosto rapidi. Difficile però, quasi impossibile, prevedere un sostegno del Pd al centrodestra a trazione leghista. Se invece il Pd o una parte di esso sostenesse un governo a guida Di Maio, probabilmente assisteremmo alla lenta morte dei dem. Infine, se si tornasse presto alle urne, Lega e M5s potrebbero guadagnare ulteriori consensi approfittando della crisi già in corso di Pd e Forza Italia. Insomma, in quasi tutti gli scenari immaginabili, Pd e Forza Italia hanno davanti a sé un futuro magro”.
Lazar si concentra invece sul voto italiano da una prospettiva europea. “Incertezza e preoccupazione dominano tra gli osservatori e gli alleati dell’Italia, ma occorre attendere – dice – Se alla fine a Roma si formerà un governo euro- prudente o – peggio ancora – euroscettico, ciò indebolirebbe l’Italia sul piano politico e nel suo ruolo di grande paese fondatore del processo d’integrazione. Ma vorrei far notare che un’Italia a guida euroscettica costituirebbe un problema anche per il resto dell’Europa. Oggi finalmente il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel sono in condizione di rilanciare il cosiddetto “motore franco-tedesco” dell’integrazione comunitaria, tuttavia un’assenza italiana darebbe meno peso e meno legittimità a tale rilancio”.
Da dove nasce, nell’elettorato italiano, una critica così diffusa all’Unione europea? “Sommare i voti ricevuti dal Movimento 5 stelle e dalla Lega è un’operazione che ha senso fino a un certo punto, considerato che le motivazioni degli elettori sono in parte differenti – risponde Lazar – Detto ciò, sommare tali voti ci porta a dire che un elettore su due, in Italia, si è espresso a favore di movimenti critici dell’Europa così come essa è oggi. L’offerta politica di M5s e Lega è stata efficace e attraente per molti, ma essa si fonda su un humus molto diffuso e che è il frutto di tre diversi elementi”.
“Primo: la situazione economica e sociale del Paese, con disuguaglianza, disoccupazione e povertà diffuse soprattutto al Sud. In secondo luogo, in Italia era già evidente da tempo una crisi di fiducia verso la classe politica, crisi capitalizzata – un po’ paradossalmente – da un partito presente sulla scena dal 1991 come la Lega e da un Movimento che arrivò primo già alle elezioni del 2013. Infine il terzo fattore scatenante è quello citato anche dal presidente francese Macron ieri: l’immigrazione. L’imponente afflusso di migranti che ha raggiunto l’Italia negli ultimi anni ha generato nei cittadini italiani, fra le altre cose, la sensazione di essere stati abbandonati non tanto dall’Unione europea, che non ha molti poteri propri sulla gestione dei flussi, ma dagli altri Stati europei. I leader di questi Stati europei hanno rilasciato tante belle dichiarazioni, salvo poi non agire davvero per aiutare l’Italia. E’ un senso di abbandono che mi sento di poter condividere”, conclude lo storico francese di Sciences Po. (Public Policy)
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